Spese militari: l'Italia taglia troppo?

Di Chiara Rossi

Undicesima. L’Italia riconferma la posizione raggiunta nel 2012 classificandosi di nuovo undicesima nell’elenco dei maggiori spender militari dell’anno 2013 stilato dal Sipri (Stockholm International Peace Research Institute). Roma è quindi fuori dalla top ten, non solo, il trend è decisamente negativo: il taglio alla spesa militare è del 26% rispetto al 2004, il più netto rispetto agli altri Paesi.
In base alla ricerca condotta dall’istituto svedese, il 2013 rappresenta il secondo anno consecutivo in cui la spesa militare globale è in calo con un tasso di decrescita del 1,9%, maggiore allo 0,4% registrato nel 2012. Mentre il nord America e l’Europa centrale e occidentale tagliano la propria spesa militare, altre regioni investono di più. Prima tra tutte la Cina, che con un aumento del 7,4%, si erge a potenza militare in linea con la propria crescita economica.
sipri
Nonostante il taglio alle risorse belliche di 44 miliardi di dollari (di cui 20 attribuibili alle minori spese per le missioni estere – notare il ritiro dall’Afghanistan e dall’Iraq), gli Usa restano in vetta alla classifica, che vede l’ascesa spettacolare dell’Arabia Saudita. Il Regno Haschemita posizionandosi al quarto posto supera la Francia che resta comunque al quinto posto. Al terzo posto troviamo la Russia, con l’obiettivo di rinnovare il 70% dell’equipaggiamento militare entro il 2020, investendo la “modica” cifra di 705 miliardi di dollari.
Tornando al nostro Bel Paese, non resta che augurarci che la riduzione delle spese avvenga attraverso l’aumento dell’efficienza e la riduzione delle capacità in eccesso come auspicato più e più volte dal governo Renzi.