La Difesa italiana è uno dei principali azionisti dell’innovazione. Lo è non solo attraverso i contributi in ricerca e sviluppo, ma anche per la dinamicità con cui pone al sistema tecnologico e industriale continue sfide in termini di requisiti operativi dei futuri sistemi e mezzi. La lectio del capo di Stato maggiore della Difesa ai laureandi Luiss
In un mondo caratterizzato da una forte competitività, da una rapida e spesso sorprendente evoluzione degli scenari geostrategici, solo una spiccata capacità di innovare può assicurare quella flessibilità che, in definitiva, rappresenta la risposta più efficace. Il mutamento degli scenari ha costretto le Forze armate a ripensare ambiti e modalità di intervento. Stanno crescendo conflittualità e tensioni più o meno latenti, che verosimilmente si accentueranno in futuro, soprattutto in relazione, ancora una volta, alle esigenze energetiche e di approvvigionamento di materie prime. L’Italia, e anche l’Europa, non possono certamente chiamarsi fuori da tutto questo, immersa com’è nel Mediterraneo, grande choke point dei traffici marittimi che collegano l’Oceano Indiano all’Atlantico e punto di accumulazione di molte di queste crisi. In questo quadro lo strumento militare nazionale non può farsi trovare impreparato nel momento in cui la situazione dovesse richiedere l’intervento della comunità internazionale in crisi regionali che potrebbero anche avere connotati di elevata intensità, come nel caso della Libia. A fronte di una riduzione dei budget per le spese militari operata dalle potenze occidentali e la conseguente necessità, sollecitata anche dagli Usa, di una più risoluta assunzione di responsabilità da parte dell’Unione europea, della Nato e della stessa Italia, emerge con chiarezza il ruolo della ricerca tecnologica e dell’innovazione in ambito militare. Saremo quantitativamente più ridotti, ma qualitativamente più idonei e preparati ad assolvere i compiti istituzionali, nell’ottica di una tendenziale rimodulazione interna dei principali settori di spesa del bilancio ordinario della Difesa: personale, esercizio e investimento. Il personale, che si ridurrà progressivamente da 190mila a 150mila militari e da 30mila a 20mila civili, assicurerà un più coerente finanziamento sia dell’esercizio sia dell’investimento. L’obiettivo è di passare da una ripartizione percentuale che è oggi 70-10-20 a quella ottimale di 50-25-25. La progressiva riduzione delle quantità, anche in un’ottica cooperativa in seno alle alleanze di cui siamo parte, va bilanciata con il miglioramento qualitativo. La Difesa italiana è uno dei principali azionisti dell’innovazione. Lo è non solo attraverso i contributi in ricerca e sviluppo, ma anche per la dinamicità con cui pone al sistema tecnologico e industriale continue sfide in termini di requisiti operativi dei futuri sistemi e mezzi e soprattutto perché è oggi in grado di seguire, aiutare e pilotare con grande competenza e spirito collaborativo il loro efficace sviluppo fino all’industrializzazione dei prototipi. Le Forze armate non sono uno strumento “statico”, che tende a divenire rapidamente obsoleto. Sono una realtà dinamicamente protesa al “vantaggio competitivo”, a fronte di una intelligenza antagonista mutevole e imprevedibile che richiede massima flessibilità, capacità innovativa, lungimiranti progettualità.
Allo sviluppo delle capacità militari per così dire “tradizionali”, che costituiscono l’ossatura e la spina dorsale di qualunque strumento militare, si ag- giungono oggi esigenze più ampie e multifunzionali (non solo duali quindi) capaci di una spinta propulsiva in alcuni casi così forte da trasformare “l’evoluzione” in “rivoluzione”. Il ruolo della Difesa, quale volano dell’innovazione, si è peraltro modificato nel tempo. Nel passato il settore militare rappresentava, se non l’unico, il principale terreno dell’evoluzione tecnologica in tutti i settori trainanti dell’industria, dalla propulsione, ai materiali speciali, alle comunicazioni, ai sistemi gestionali. Oggi, vi sono moltissimi settori “civili” il cui livello “innovativo” supera in velocità e in numero di progetti quello “militare”. Le nuove tecnologie applicate alla gestione remota o autonoma di sistemi complessi permettono di ridurre l’esigenza di personale (ad esempio, si stanno decisamente riducendo gli equipaggi delle Unità navali) ma anche di ridurre il rischio fisico per l’uomo e lo stesso inquinamento ambientale, attraverso l’adozione di tecnologie eco-compatibili (esempio la “flotta verde”). Oggi è necessario incrementare lo scambio di informazioni tra la “domanda” tecnologica e “l’offerta” delle tecnologie disponibili o in corso di sviluppo. Occorre infine incentivare le sinergie tra l’industria nazionale, che persegue opportunità di business sulle nuove tecnologie, il mondo finanziario e analoghe realtà extra-nazionali/internazionali, anche per favorire ogni possibile forma di cooperazione e condivisione delle tecnologie – con formule tipo pooling&sharing – e fruire, ove possibile, di finanziamenti sovranazionali. Le Forze armate credono in tutto questo e stanno già facendo tanto in questa direzione. Ad esempio abbiamo lanciato anche in ambito internazionale il progetto della “matrice delle tecnologie abilitanti”, una sorta di database “open source” in cui raccogliere le tecnologie da sviluppare e da sostenere non solo in ambito nazionale, ma con altri Paesi europei e laddove necessario con Paesi extraeuropei per alcuni settori di nicchia. Una iniziativa per meglio coordinare e stimolare le attività di ricerca, individuare le massime economie di scala e rivitalizzare l’industria nazionale e le moltissime e spesso poco conosciute nicchie di eccellenza tecnologica che non sempre attengono ai maggiori colossi industriali, ma alla piccola e media impresa. In tale contesto le Forze armate sono determinate a giocare un ruolo fondamentale quale realtà “virtuosa”e non “virtuale”, consapevoli che il rilancio dell’industria nazionale, nel difficile contesto economico, può solo realizzarsi in un contesto europeo e internazionale.
Estratto dalla lectio dell’ammiraglio Binelli Mantelli a cura della redazione di Airpress