Insieme a uno strumento militare in piena trasformazione operativa e organizzativa, l’Italia è chiamata a sviluppare e mantenere una solida base industriale e tecnologica come fonte e fattore di garanzia per la tutela degli interessi nazionali. Tra i tanti spunti interessanti emersi nel nono capitolo del Libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa, due parole sembrano racchiudere gran parte dei messaggi e delle disposizioni che le “politiche industriali, d’innovazione e scientifiche” intendono perseguire: dualità e partnership. Ma andiamo con ordine. Si parte con un’analisi di contesto volta a inquadrare le principali dinamiche che hanno contraddistinto il mercato internazionale della difesa e
lo sviluppo tecnologico negli ultimi vent’anni, tra cui: l’estensione del ciclo vitale delle piattaforme; l’esigenza di un continuo adeguamento dei sistemi e/o la necessità di abbreviare i tempi di sviluppo dei programmi a causa di un’innovazione tecnologica – soprattutto in campo elettronico – sempre più capillare e diffusa; la crescente osmosi tra il settore civile e quello militare; la dimensione ancora troppo nazionale delle acquisizioni militari. Il testo, in seguito, pone l’accento e l’attenzione sul contesto italiano, sottolineando in primis il “peso” politico-economico dell’industria di sicurezza e difesa: essa fornisce gli strumenti capacitivi alle Forze armate, coadiuvando a plasmare il livello di ambizione dell’Italia; contribuisce allo sviluppo generale del Paese, al rafforzamento o all’instaurazione di nuovi rapporti di cooperazione con altri ecosistemi produttivi e tecnologici di diversi Paesi. Un’industria che deve basarsi su competenze tecnologiche distintive, sovrane e collaborative (come vengono chiamate nel documento), alla base dello sviluppo di prodotti e sistemi. Sulle prime va mantenuto un certo livello di sovranità per assicurare che lo sviluppo e la produzione rimangano all’interno del Paese al di là delle collaborazioni internazionali e degli assetti proprietari, a ragione del loro carattere “chiave e abilitante” per soddisfare innanzitutto le esigenze prioritarie della difesa e dell’interesse nazionale. Tra queste tecnologie il Libro bianco cita, appunto, quelle duali, più volte menzionate nel testo e sulle quali si intende puntare sul piano della ricerca nazionale per sfruttare le iniziative anche a livello europeo. L’altro lato della medaglia è costituito dalle competenze collaborative, inserite in un logica di interdipendenza, specializzazione e divisione del lavoro tra i Paesi partner e attraverso le quali l’Italia può giocare un ruolo di responsabilità nell’ambito dei programmi di collaborazione internazionale. Ecco perché sarà necessario identificare quei prodotti e quei sistemi da sviluppare e realizzare in un’ottica collaborativa. A mo’ di cornice di riferimento, il documento conclude questa sezione prevedendo la stesura di un Piano concepito con la collaborazione della controparte industriale per individuare le attività tecnologiche e industriali strategiche. Un Piano dal carattere onnicomprensivo, ossia che non consideri esclusivamente le esigenze delle Forze armate e le relative capacità tecnologico-industriali, bensì che esamini attentamente le reali possibilità “esportative” di tali capacità e la loro opportunità duale, con un’attenzione particolare anche agli andamenti e alle opportunità del mercato. La rapidità e la complessità con cui l’innovazione tecnologica sta permeando lo sviluppo e la produzione di prodotti e sistemi devono portare a rivedere profondamente il modus operandi che ha contraddistinto da tempo le relazioni tra difesa e industria. Il rapporto deve passare “da semplice fornitura a partnership strategica”, ovvero una nuova architettura relazionale frutto del cambiamento tecnologico in atto, che vada a modificare altresì l’attuale, e sotto certi aspetti inadatto, modello di acquisizione. A tal fine il Libro bianco indica la strada: evitare requisiti ritagliati eccessivamente sulla specifica esigenza militare; puntare sulla progettazione di piattaforme e sistemi ad architettura aperta e modulari; investire nelle tecnologie duali e sfruttare le relative economie di scala; “approccio a spirale” nel caso di acquisizioni complesse e a lungo termine. Una nuova architettura che integrerà un terzo tassello in
un sorta di ecosistema virtuoso: il mondo universitario e della ricerca, la cui linfa vitale di innovazione e idee contribuirà a sostenere gli sforzi per un rafforzamento delle competenze tecnologiche e industriali dell’Italia.