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Esistono delle misure che i Paesi membri della Nato dovrebbero adottare per migliorare la capacità di prevenzione e risposta in caso di attacco anche cibernetico della Russia contro le tre Repubbliche baltiche. A consigliarle è un report intitolato “Effective Defense of the Baltics”, pubblicato di recente dal think tank americano Atlantic Council.
La Federazione russa, spiega l’analisi, è stata coinvolta negli ultimi anni in diversi teatri di guerra, dall’Ucraina alla Siria, e questo suo attivismo preoccupa gli Stati che si trovano poco al di là dei suoi confini. Il report offre consigli strategici, logistici ed operativi partendo dal presupposto che un conflitto con la Russia potrebbe assumere con elevata probabilità la connotazione di una guerra ibrida, ovvero implicante il ricorso a mezzi e metodi di guerra non solamente convenzionali. In altri termini, un eventuale scontro potrebbe aversi non solo per terra, mare o aria, ma anche sfruttando tecniche di guerra elettronica, psicologica e soprattutto cibernetica.
Concentrando l’attenzione su quest’ultima modalità operativa, le nuove tecnologie dell’informazione rivestono un ruolo chiave in ambito militare, sia quando sono singolarmente utilizzate, sia quando vengono impiegate per incrementare l’efficienza dei mezzi convenzionali grazie alla loro estrema versatilità. Nello specifico, gli strumenti informatici si rivelano particolarmente utili per potenziare le capacità di allerta e analisi dei rischi. Lo studio sottolinea la necessità di integrare quanto più possibile tutti i tipi di competenze collegate all’intelligence. La stessa prospettiva di un passaggio da una guerra ibrida a una convenzionale e viceversa rende indispensabile che le abilità in termini di sorveglianza e ricognizione tengano conto dell’estensione del teatro di guerra.
Gli strumenti informatici hanno una loro valenza anche ai fini del respingimento di attacco nel caso concreto. Ad esempio, il cyber spazio potrebbe essere utilizzato per veicolare attacchi contro le reti utilizzate dal nemico o per distruggere o alterare i dati in suo possesso. Allo stesso tempo, deve essere garantita la protezione e la resilienza delle reti militari interne, delle telecomunicazioni e delle centrali elettriche. A tal fine, per Atlantic Council la Nato dovrebbe non solo avviare un programma per potenziare le proprie reti, ma anche per fornire assistenza a quei Paesi più in ritardo in tale ambito.
Gli strumenti informatici potrebbero poi essere utilizzati come mezzo offensivo, per sferrare attacchi nel cyber spazio. A questo riguardo l’Alleanza Atlantica dovrebbe, secondo il report, sviluppare una dottrina ad hoc simile a quella che già possiede in materia di guerra elettronica e migliorare il supporto offerto dal Cyber Defence Committee. L’uso delle nuove tecnologie dell’informazione si intreccia spesso con l’impiego di tecniche di guerra psicologica. Non è nuovo, si legge nel report, il loro utilizzo da parte di Mosca per agitare gli animi tra le minoranze etniche, disseminare il discontento e propagandare messaggi di guerra, come dimostrano i numerosi attacchi DDoS in Estonia e Georgia. A queste azioni bisognerebbe contrapporre un’adeguata azione di contrasto.
Infine lo studio evidenzia la necessità di coordinare gli sforzi bellici con il settore privato. I privati costituiscono un anello fondamentale nella catena della sicurezza delle reti militari e civili, poiché gestiscono i sistemi di sicurezza di numerose infrastrutture utilizzate anche dagli eserciti e custodiscono dati di vitale importanza. Viene pertanto suggerita la conclusione di specifici accordi operativi. ​