Drain Brain l’esperimento italiano destinato alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) non solo non è andato distrutto nell’incidente che lo scorso 28 ottobre ha coinvolto il vettore Antares della Orbital Science Corporation, ma risulta perfettamente funzionante. La Nasa ha ritrovato la valigetta contente l’esperimento sulla spiaggia vicina alla zona di lancio e lo ha spedito all’istituto scientifico dell’Università di Ferrara che lo aveva sviluppato. L’Antares avrebbe dovuto portare sulla ISS la capsula cargo Cygnus CRS-3, con a bordo 2.200 kg di materiali destinati agli astronauti e, tra questi, anche 2 strumenti scientifici destinati a Samantha Cristoforetti: Wearable Monitoring e Drain Brain, 2 dei 5 esperimenti di ricerca umana dell’Agenzia spaziale italiana per la missione Futura. “Una serie di circostanze, alcune accidentali altre no, come la posizione del Cygnus in cima al vettore Antares e la protezione offerta dal modulo cargo pressurizzato PCM e dalla borsa in Nomex, oltre forse anche alla ricaduta sulla spiaggia, hanno protetto il payload”. Spiega Salvatore Pignataro, program manager dell’esperimento e direttore della missione Futura. “D’altra parte – prosegue – i requisiti applicabili agli equipaggiamenti per la ISS, inclusa la strumentazione scientifica, sono molto stringenti e spingono gli sviluppatori a realizzare prodotti di qualità estrema, sia dal punto di vista ingegneristico che tecnologico”. Oltre allo strumento Drain Brain, anche il Pressurized Cargo Module (PCM) e la borsa in Nomex sono di costruzione italiana. Quest’ultima, realizzata dalla Kayser Italia di Livorno, è stata fornita agli sviluppatori dall’Agenzia spaziale italiana. Il PCM del Cygnus è stato invece progettato e costruito negli stabilimenti di Torino della Thales Alenia Space Italia.