Il Falcon 9 spaventa l’Europa dello spazio?

Di Michela Della Maggesa

“Non ho stupito il mondo facendo tornare a Terra un lanciatore, ho piuttosto consacrato i miei sforzi su quelli che arrivano a segno”. Così il numero uno di Arianespace, Stéphane Israël ai giornalisti presenti a Parigi per la conferenza di fine anno sulle attività spaziali, riferendosi al successo messo a segno dall’americana Space X, che è riuscita a fine dicembre nella spettacolare impresa di lanciare, rilasciare il suo carico utile e riportare a Terra integro e in verticale il primo stadio del veicolo riutilizzabile Falcon 9 (tenutasi prima della missione di gennaio del lanciatore, che ha visto la rottura di uno dei sostegni dopo l’atterraggio su una piattaforma galleggiante nel Pacifico) e a commento di un anno davvero eccezionale per il provider europeo di servizi di lancio. Il ceo ha definito infatti “storiche” le performance della società: 12 lanci riusciti per tutti e tre i lanciatori utilizzati dallo spazioporto di Kourou (sei per Ariane 5, tre per il Soyuz e altrettanti per il Vega), per un giro d’affari di oltre 1,4 miliardi di euro, e un portafoglio ordini che ammonta a più di 5,3 miliardi e conta circa 58 lanci. Per il 2016 l’obiettivo è di fare in tutto 11 lanci, di cui otto con l’Ariane e due con il Vega.
A colpi di prezzo, la competizioni tra provider di servizi di lancio, russi con Proton compresi, si sta facendo sempre più agguerrita, specie sui grandi satelliti commerciali, e il dibattito sulle tecnologie riutilizzabili  – che per il patron di SpaceX, Elon Musk dimezzeranno i costi dell’accesso allo spazio – sta dominando la scena. Sull’argomento l’Europa è molto perplessa, anche se si stanno sperimentando già da tempo tecnologie di questo tipo, come i programmi Prometeo, per un motore riutilizzabile e Adeline per un lanciatore a basso costo, portati avanti dall’Agenzia spaziale francese Cnes con Airbus Safran Launchers (ASL), che dopo il via libera di Bruxelles acquisirà il controllo di Arianespace. “Dobbiamo essere pronti a ogni eventualità”, fa sapere il Cnes, “anche se – sottolinea Arianespace – riportare a Terra uno stadio non significa farlo volare, tutto dipenderà dai costi di rimessa in condizione di volo”.
Secondo molti infatti resta da vedere quanto l’approccio riutilizzabile sia in questo momento vantaggioso da intraprendere in termini economici, specie per il fatto che per essere vantaggioso richiederà un elevatissimo numero di tiri e che una parte dello spazio nel lanciatore destinato ai satelliti andrebbe sacrificato per permettere il rientro a Terra degli stadi. “SpaceX  – afferma Jean-Yves Le Gall, presidente del Cnes – dovrà dimostrare che il riutilizzabile è interessante economicamente”. “Non bisogna essere troppo “SpaceXcentrici”. Non è perché loro hanno riportato a Terra il loro lanciatore che il riutilizzabile sarà l’Alfa e Omega della strategia sui lanciatori”, sottolinea Israël, spiegando che altre tecnologie “di rottura” potrebbero affacciarsi, come un micro-lanciatore, “con costi di lancio di qualche milione di dollari”, appetibile per clienti come Google, Amazon o Apple, interessati a servizi di lancio poco costosi per mettere in orbita flotte di minisatelliti destinati a connettere a internet l’intero pianeta.
In attesa che la maggioranza delle azioni passi alla joint venture ASL, Arianespace prevede di cominciare già quest’anno, dopo l’autunno, ovvero dopo una review dei  due programmi, la commercializzazione di Ariane 6, “che sarà – dicono a Parigi – due volte meno costoso di Ariane 5” e Vega C, le nuove versioni degli attuali Vega e Ariane 5, la cui operatività è prevista rispettivamente nel 2018 e nel 2020.  L’uscita di scena dell’Ariane 5 è prevista infine per il 2023. In questo momento a preoccupare Arianespace è il venir meno delle sovvenzioni governative, dopo la decisione dell’Esa che il settore dovrà sostenersi da solo. “Gli americani ogni anno hanno 5 miliardi di lanci istituzionali garantiti”, il che permetterebbe a SpaceX di vendere i suoi voli ai privati a 50/60 milioni di dollari. Tuttavia, “quanto fatto dalla concorrenza – fanno sapere a Parigi, soddisfatti dei risultati e della via intrapresa – non cambierà la nostra tabella di marcia”.