Competizione spaziale e cooperazione trans-atlantica sono stati i temi al centro del dibattito “Strategia di difesa e deterrenza per lo Spazio” organizzato oggi a Roma da Airpress. Elbridge A. Colby, senior fellow presso il think tank americano Center for a New American Security ha presentato il report “From sanctuary to battlefield: a framework for a U.S. defense and deterrence strategy for space”.
Colby si è confrontato con alcuni esperti dell’accademia, dell’industria e delle istituzioni italiane. Alla tavola rotonda, coordinata da Paolo Messa, sono intervenuti Roberto Morassut, membro dell’Assemblea parlamentare della Nato, il vicepresidente dello IAI Vincenzo Camporini, il segretario generale di Aiad Carlo Festucci, il direttore del CRAS della Sapienza Marcello Onofri, il consigliere militare della Presidenza del Consiglio Paolo Puri, il portavoce del presidente dell’ASI Andrea Zanini e Carmine America di Finmeccanica.
La riflessione sulla competizione spaziale ha origine nella constatazione che lo spazio è ormai soggetto, come qualsiasi altro dominio, a una vulnerabilità tale da rendere necessaria un’attenta protezione. Se fino a qualche anno fa lo spazio era considerato un dominio esterno alla competizione militare che si verificava all’interno dell’atmosfera, oggi praticamente tutti gli strumenti spaziali (soprattutto quelli che viaggiano in Leo, cioè nella bassa orbita terrestre) sono attaccabili. Ciò pone un evidente preoccupazione (che secondo Colby ha contraddistinto la presidenza Obama) per la protezione di quegli assett che vanno dai sistemi di comunicazione all’osservazione, fino ai sistemi gps e agli strumenti destinati alle attività di intelligence.
Nel suo report, di cui Airpress ha pubblicato un estratto nel numero di marzo, Colby sostiene l’esigenza di sviluppare nuove tecnologie ma soprattutto un nuovo sistema di deterrenza. Paesi come Cina e Russia sarebbero, infatti, in grado di lanciare attacchi di diverse tipologie, capaci di inibire capacità essenziali per la sicurezza nazionale di altri Paesi. Da qui la ricerca di regole che possano essere condivise dalla comunità internazionale per evitare un’escalation nella competizione spaziale. In altre parole, “la crescente vulnerabilità dello spazio richiede oggi lo sviluppo di nuove tecnologie e la definizione di regole di deterrenza che ne assicurino la protezione”, ha detto oggi Colby.
Le leggi informali che il ricercatore statunitense ha proposto per una limitazione della vulnerabilità spaziale sono: “essere i primi a portare la guerra nello spazio è irresponsabile e origine di escalation; attacchi cinetici che causino danni persistenti alle capacità umane di sfruttamento dello spazio sono proibiti; attacchi o interruzioni delle capacità spaziali strategiche sono da considerarsi causa prima di escalation e dovrebbero essere scoraggiati; satelliti e strumenti spaziali non direttamente coinvolti in un conflitto sono bersagli non legittimi di attacco; attacchi nello spazio giustificano risposte al di fuori dello spazio”. Con queste regole gli Stati Uniti e i loro alleati trasferirebbero il sistema di deterrenza nello spazio, cercando di limitare la capacità di attacco dei principali competitor (su tutti Russia e Cina) innalzando il costo politico di un’eventuale aggressione.
Il generale Camporini e il colonnello Puri hanno sottolineato come tale strategia debba prevedere la partecipazione degli alleati degli Stati Uniti, ricordando anche lo sforzo italiano in ambito europeo per una strategia di difesa collettiva. La cooperazione internazionale, a partire dalla “collaborazione nello sviluppo di satelliti e lanciatori, e dal conseguente scambio di informazioni ed esperienze”, ha detto Camporini, garantirebbe la maggiore efficacia di un sistema di protezione dello spazio. In questi termini, il prossimo summit Nato di Varsavia avrà il compito di meglio definire la cooperazione tra le due sponde dell’Atlantico, anche riguardo ai temi della sicurezza spaziale.