La nuova mossa di Putin: ritiro parziale dalla Siria

Di Stefano Pioppi

La decisione ha sorpreso un po’ tutti. Nessuno si aspettava che Putin si sarebbe giocato la carta della distensione dopo aver mostrato i muscoli nei mesi passati. Eppure alcuni segnali c’erano stati, primo fra tutti il raggiungimento di un accordo con gli Stati Uniti sul cessate il fuoco, iniziato il 27 febbraio e apparentemente rispettato. La decisione congiunta delle due superpotenze non aveva di certo azzerato i conflitti. Si era previsto, infatti, che Isis, al-Nursa, e le altre organizzazioni terroristiche designate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite fossero escluse dalla cessazione delle ostilità. Eppure, nonostante il mantenimento di uno stato di guerra, il cessate il fuoco ha comunque agevolato un clima distensivo tra Stati Uniti e Russia, facilitando la più recente decisione, apparentemente sorprendente, del presidente Putin.
Bashar al-Assad, a cui Putin ha comunicato il ritiro telefonicamente, ha accolto la notizia esprimendo, secondo il comunicato del Cremlino, il proprio riconoscimento nei confronti della Russia e notando come “le operazioni condotte dalle forze aerospaziali russe hanno portato a una vera e propria inversione di tendenza nella lotta contro i terroristi in Siria, gettando le loro infrastrutture nel caos e causando loro danni rilevanti”. Oltre al riconoscimento nei confronti dello sforzo russo, Assad avrebbe assicurato a Putin di essere ormai pronto a sostenere una soluzione politica alla crisi del Paese esprimendo la speranza che il dialogo con le opposizioni, avviato a Ginevra sotto l’egida delle Nazioni Unite, produca finalmente i frutti sperati.
Anche Obama è stato raggiunto telefonicamente da Putin, attraverso una linea che, quantomeno per la questione siriana, sembra ormai consolidata. Dai comunicati ufficiali del Cremlino e della Casa Bianca emerge la soddisfazione di entrambe le parti per quello che sembra un’ulteriore passo verso la riduzione delle ostilità in Siria. Tuttavia, se la presidenza russa ha sottolineato l’esigenza che la soluzione politica passi attraverso il dialogo tra il regime di Assad e le opposizioni, la Casa Bianca ha evidenziato che le “continue azioni da parte delle forze del regime rischiano di minare la cessazione delle ostilità e il processo politico guidato dall’Onu”.
Il ritiro avviene in seguito alla decisione maturata nell’incontro tra Putin e i ministri di difesa ed esteri, rispettivamente Sergei Shoigu e Sergei Lavrov. Il meeting è stato occasione per evidenziare i risultati delle operazioni russe in territorio siriano. Dal 30 settembre 2015, dopo più di cinque mesi, il bilancio pare essere positivo. Secondo Shoigu, le Forze aeree russe hanno effettuato “novemila voli, riuscendo a ostacolare in modo significativo le attività dei gruppi terroristici”. Oltre duemila criminali provenienti dalla Russia sarebbero stati eliminati, mentre i bombardamenti avrebbero distrutto “209 impianti per la produzione e il trasferimento di petrolio, e 2.912 centri di consegna”, ha riferito il ministro della difesa. Secondo i calcoli russi, grazie a queste azioni le truppe siriane hanno liberato più di 10mila chilometri quadrati di territorio.
Lavrov ha invece sottolineato che “le azioni militari hanno creato condizioni favorevoli a un processo politico”, favorendo una maggiore stabilità in alcune aeree del Paese e contribuendo al dialogo all’interno del gruppo internazionale di supporto alla Siria.
I militari russi in territorio siriano contavano fino a ieri, secondo la stampa, circa cinquemila unità, comprendenti militari impegnati nelle due basi russe di Tartous (base navale) e Latakia (base aerea), o consiglieri militari per le forze del regime siriano. La spedizione russa si è sviluppata con un approccio integrato, in cui i bombardamenti condotti dai caccia Sukhoi e dalle navi da combattimento sono stati supportati da una ventina di elicotteri e da uomini a terra (tra cui le forze speciali spetsnaz).
Il ritiro non sarà totale. Putin ha promesso ad Assad che la Russia manterrà un centro di supporto aereo in Siria per controllare il rispetto del cessate il fuoco. A tal fine verranno mantenuti oltre 70 velivoli a pilotaggio remoto così come “tutti i mezzi di raccolta di informazioni, tra cui l’intelligence elettronica e il sistema satellitare”, ha affermato Shoigu.
Tutt’altro che un ritiro completo dunque; la Russia manterrà le proprie basi, pronta a intervenire nuovamente in caso di necessità. Nonostante ciò, la mossa di Putin non può non sorprendere. Dopo mesi in cui sembrava voler dimostrare al mondo la potenza militare russa, il presidente, avvertendo probabilmente che l’esistenza del regime di Assad non è più in pericolo, evita di impantanarsi in un conflitto logorante e forse rafforza la propria credibilità internazionale. Il ritiro parziale non pare una perdita di terreno: Putin prosegue il dialogo con gli Stati Uniti mantenendo allo stesso tempo il supporto al regime di Assad (comunque sostenuto dalle milizie sciite e iraniane) offrendo una presenza minore ma fissa, e continuando a ribadire la necessità che il processo di pacificazione passi dal dialogo con il regime stesso.