L'ambasciatore ucraino: “Basta propaganda: l'azione russa è terrorismo”

Di Francesco Pesce

“L’Ucraina ribadisce costantemente la necessità di incrementare lo sforzo internazionale di contrasto al terrorismo. Tuttavia, per il nostro Paese questa minaccia non arriva dal Medio Oriente, ma dalla Russia”: ecco quanto ha denunciato Yevhen Perelygin, ambasciatore ucraino in Italia, durante una conferenza organizzata martedì a Roma, presso la Temple University. Secondo il rappresentante diplomatico di Kiev, gli attacchi di Parigi hanno riportato il presidente russo Vladimir Putin al tavolo dei negoziatori che contano, dal momento che gli Stati fanno a gara per coinvolgere nella loro coalizione anti-Isis una grande potenza militare. Ma tutto questo non deve far dimenticare la condotta della Russia in territorio ucraino.
“Venti mesi di terrorismo ci lasciano a contare 8mila morti, 6mila dei quali sono civili, senza contare la distruzione di centrali energetiche, infrastrutture e abitazioni”, ha denunciato l’ambasciatore. “Definire gli scontri nell’est dell’Ucraina una ‘guerra civile’ è pura propaganda: il conflitto non è interno, e se certi movimenti non ricevessero supporto da Mosca, le autorità di Kiev potrebbero raggiungere un assetto di pace nei territori ad est. Invece nel Donbass si registra la presenza di uomini in divisa verde non identificati, di armi sofisticate, nonché di vere e proprie truppe russe, che sono arrivate a contare anche 10-11mila unità”.
Secondo Perelygin, l’annessione della Crimea è una mossa che Mosca ipotizzava dalla Rivoluzione arancione del 2004 e rientra nel più vasto progetto di ampliamento della zona di influenza russa, noto come ‘Novorossiya’. “Un’ambizione egemonica inevitabilmente in contrasto con i valori europei di democrazia, libertà e stato di diritto; quegli stessi valori che l’Ucraina vorrebbe abbracciare, mentre la Russia scivola verso l’autoritarismo”, ha sostenuto il diplomatico. “Dopo l’occupazione della Crimea, la forzata chiusura degli istituti di cultura esteri e delle chiese protestanti presenti sulla penisola è l’indizio di un’autentica ‘jihad russa’ mirata ad annichilire le culture differenti dalla propria. Vi sono dei precedenti: la Transnistria e la Georgia. Ma chi sarà il prossimo? I Paesi baltici oppure, dopo l’incidente aereo, la Turchia?”
Per restaurare la sua sovranità, ha dichiarato Perelygin, l’Ucraina chiede alla comunità internazionale di collaborare nel garantire la piena attuazione degli accordi di Minsk conclusi il passato febbraio. Una simile richiesta è in effetti stata al centro della visita del presidente Poroshenko in Italia, la settimana scorsa. “Anche perché al momento le autorità di Kiev non hanno una controparte con cui negoziare, se non terroristi e banditi autoproclamatisi governatori di stati fantoccio”, specifica l’ambasciatore.
Il governo ucraino intende inoltre contrastare l’intensa attività di “propaganda” che la Russia svolge a livello internazionale, promuovendo la propria lettura della crisi. Perelygin ha denunciato un’azione subdola, che passa anche attraverso il finanziamento di partiti politici europei che difendano, nei rispettivi Paesi di appartenenza, l’immagine e la condotta della Russia. Secondo l’ambasciatore, a questo fine si rivela molto utile la vecchia pratica di epoca sovietica, quando Mosca investiva in maniera esplicita e diretta nei partiti comunisti di tutto il mondo, soprattutto dell’Europa occidentale. “Al giorno d’oggi le nuove tecnologie hanno cambiato gli strumenti, i metodi e i mezzi di questa pratica, ma non la sostanza”, ha ammonito il diplomatico.
Le mosse di Mosca si spiegano anche con motivazioni interne: ogni volta che il governo dichiara guerra o attua una politica estera assertiva, la popolarità di Vladimir Putin subisce un’impennata. “È stato così nella guerra cecena e in quella georgiana – ricorda Perelygin – e attualmente l’apprezzamento dei cittadini russi per il loro presidente è al 90%”.
Al convegno è intervenuto anche Paolo Alli, deputato Ncd e vicepresidente dell’Assemblea parlamentare della Nato, secondo il quale Putin percepisce come principale avversario l’Alleanza atlantica, specialmente dopo il suo allargamento ad est. “Tuttavia, come si è appellato al libero arbitrio della Crimea nello scegliere il proprio destino in occasione del referendum del 2013, il presidente russo dovrebbe rispettare anche quello dei Paesi che vogliono unirsi all’Unione europea, o alla Nato”, ha fatto notare il deputato.
“Mosca aveva testato la reazione della comunità internazionale di fronte alle sue manovre nello spazio post-Sovietico intervenendo nel 2008 in Abcasia e Ossezia del sud, territori georgiani – ha spiegato Alli – e bisogna ammettere che non si erano scatenate proteste particolarmente accese”. “Però ci sono state delle conseguenze: ad esempio, il Giappone sta seguendo attentamente la situazione ucraina, dal momento che l’acquiescenza della comunità internazionale verso l’espansionismo russo potrebbe riproporsi a fronte di atti illegali compiuti dalla Cina nei confronti di Tokyo, in particolare per quanto riguarda alcune isole la cui sovranità è oggetto di contesa”, ha concluso il deputato.

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