Accordo tra la Marina Militare e l’Università di Bari per sviluppare progetti nell’ambiente marittimo, riconosciuto imprescindibile sotto l’aspetto culturale, geopolitico, economico e di sicurezza dell’Italia. L’accordo è stato firmato ieri a Bari dall’ammiraglio Salvatore Ruzittu e dal Rettore, Antonio Uricchio, in occasione del convegno “Le opportunità di crescita economica e le esigenze si sicurezza del Paese in ambito marittimo”. “Il Mediterraneo torna a reclamare drasticamente e per alcuni aspetti drammaticamente la propria centralità. Qui si incrociano tutte le sfide geopolitiche di questo tempo, il cui esito sarà importante per i futuri equilibri del pianeta. Noi siamo la frontiera di queste sfide, dal che ne deriva un carico di responsabilità e una grande opportunità”. Ha dichiarato il presidente della Commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre, presente a Bari assieme a Angelo Tursi, del consorzio nazionale interuniversitario per le scienze del mare e all’ammiraglio Romano Sauro, presidente Lega navale italiana. Al convegno ha fatto seguito una tavola rotonda, “Stabilità e sicurezza del contesto marittimo: una priorità per la tutela del sistema produttivo legato al mare” moderata da Paolo Messa, direttore centro studi americani, alla quale sono intervenuti i professori dell’ateneo Angela Bergantino e Nicolò Carnimeo, ed Enrico Bonetti, responsabile strategie di prodotto, direzione navi militari, di Fincantieri. “Un ateneo come il nostro, al centro del Mediterraneo -, afferma il Rettore – rappresenta un collettore di culture, dove poter delineare future strategie. Anche in questo, si inquadra il rapporto tra l’Università e la Marina, valido strumento per studenti militari e civili. Riportare sicurezza è necessario affinché il Mediterraneo torni ad essere un’opportunità”. Il convegno ha riproposto una visione che vede l’Italia protagonista di una politica marittima capace di rappresentare un sicuro volano economico. La cantieristica navale rappresenta per il Paese uno dei moltiplicatori di reddito più elevati. Nonostante un ridimensionamento dovuto alla crisi è in grado di generare 4,53 per ogni euro investito e al primo posto nell’induzione di effetti occupazionali: 3,46 occupati ogni 100 nuovi posti di lavoro.