Libia: il governo targato Onu sbarca a Tripoli

Di Stefano Pioppi

È arrivato ieri a Tripoli Fayez al-Sarraj, premier designato e sponsorizzato dalle Nazioni Unite per guidare un governo di unità nazionale in Libia. Insieme a lui sono sbarcati presso la base navale di Abu Sittah, i membri del Consiglio presidenziale, futuro governo di riconciliazione qualora dovesse effettivamente ricevere la tanto agognata investitura parlamentare.
Per ragioni di sicurezza, l’arrivo è avvenuto via mare, a bordo di una nave da guerra, essendo considerate le vie terrestri e aeree ben più pericolose. L’accoglienza a Tripoli non è stata certo delle migliori. Khalifa Ghwell, primo ministro del governo di Tripoli, che per molti anni si è opposto anche militarmente al governo di Tobruk presieduto da Sarraj, ha considerato l’approdo un atto illegale. Qualche ora dopo, riferisce Al Jazeera, gruppi armati anti-Sarraj hanno esploso alcuni colpi per impedire lo svolgersi di cortei e manifestazioni favorevoli al governo di unità nazionale.
La situazione resta complessa e delicatissima. Per il governo di Tripoli, privo del supporto internazionale che è stato riconosciuto a Sarraj, l’arrivo di quest’ultimo è un colpo di mano e potrebbe intaccare il processo politico di riconciliazione. D’altra parte bisogna riconoscere che la forzatura appariva necessaria dopo mesi di incertezza legata alla difficoltà di costituire un esecutivo che ottenesse un appoggio trasversale. Nelle ultime occasioni il parlamento libico non aveva raggiunto neanche il numero legale per procedere alla votazione. A questa situazione di stallo si è sommata la crescente pressione dello Stato Islamico che, sulle macerie della guerra civile successiva alla caduta di Gheddafi, ha accresciuto la propria presenza nel territorio rischiando per di più di incrinare la stabilità, già incerta, dei paesi vicini.
Inevitabile dunque una certa accelerazione che, come si poteva ben prevedere, è stata accolta con entusiasmo dalla comunità internazionale. L’inviato dell’Onu Martin Kobler, capo della missione Unsmil (United Nations support mission to Libya) ha lodato “il coraggio, la determinazione e la leadership del Consiglio Presidenziale guidato da Fayez Sarraj nel procedere con l’implementazione del consenso politico libico. La comunità internazionale – ha aggiunto – li appoggia fermamente, pronta a fornire il supporto e l’assistenza necessari”. Alle parole di Kobler si sono aggiunte quelle dei maggiori leader occidentali, tra cui il segretario di stato americano Kerry e il nostro premier Matteo Renzi che ha comunque mostrato una certa cautela.
Tuttavia, la maggiore critica che il governo auto-proclamato di Tripoli rivolge al Consiglio Presidenziale di Sarraj è proprio legata al supporto internazionale. Il Consiglio Presidenziale appare una nuova imposizione occidentaleD’altronde quella stessa comunità internazionale che sostenne Gheddafi e che ora appoggia con vigore Sarraj, decise nel 2011 di intraprendere un’azione militare da cui l’instabilità del Paese ha avuto origine. Nell’ultimo numero di Airpress, Alessandro Cornacchini ha ben illustrato come la situazione attuale, che troppo spesso diamo per scontata, sia il frutto di un fallimento politico e militare dell’Occidente. Ora, il rischio di complicare la situazione è alto. Il popolo libico e tutte le forze politiche, compreso il governo di Tripoli, devono avvertire che la comunità internazionale supporta il processo di riconciliazione nel suo complesso e non una fazione di esso.
La violenta risposta che Tripoli sembra contrapporre all’arrivo di Sarraj non preannuncia di certo un pacifico dialogo tra i due governi. C’è il rischio di inasprire ulteriormente una già complessa situazione, rendendo necessario un intervento militare che è stato sempre considerato, soprattutto dall’Italia (opportunamente), un’opzione possibile solo su richiesta di un governo pienamente legittimato. L’arrivo di Sarraj potrebbe però aprire un paradosso: complicare il processo di legittimazione al punto da richiedere un intervento che si voleva evitare proprio con l’invio del presidente designato nella capitale. Solo con l’effettiva volontà dei due governi e un ragionato supporto della comunità internazionale si potrà superare lo stallo ed evitare che la Libia ripiombi in un vortice di violenza.

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