L’ITALIA NON SCORDI, UN AEREO FERMO CADE

Di Michela Della Maggesa

Studi di settore dimostrano che i comparti che offrono alta aggregazione di Pil sono tre: energetico, farmaceutico e aerospaziale. L’aerospazio è un settore potenzialmente trainante per l’economia. A parlare è il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, Pasquale Preziosa, che avverte come l’Italia dovrebbe avere bene in mente che ricerca e sviluppo creano innovazione e l’innovazione crea crescita. Come ci insegnano gli Stati Uniti, che hanno basato il loro progresso sulla scoperta di nuove tecnologie. Solo attraverso questi processi virtuosi un Paese può migliorare

 

Generale Preziosa, perché è importante oggi investire in tecnologie per la difesa?

Per un motivo molto semplice. Ricerca e sviluppo creano innovazione e l’innovazione crea crescita. Lo sanno bene gli Stati Uniti, che hanno basato la loro crescita sulla scoperta di nuove tecnologie, soprattutto in campo aerospaziale, e anche in Cina dove vedo lo stesso tipo di progettualità. Se guardiamo i bilanci federali della difesa degli Stati Uniti, il 50% degli investimenti è dedicato a ricerca&sviluppo e l’altra metà all’acquisizione di piattaforme. Solo attraverso questi processi virtuosi un Paese può avere potenzialità di crescita. Gli studi di settore dimostrano che i comparti  che offrono alta aggregazione di Pil sono tre: energetico, farmaceutico e aerospaziale. L’aerospazio  è un settore potenzialmente trainante per l’economia. Inoltre, nell’aerospazio e nella difesa le tecnologie sono per definizione multifunzione – concetto che va oltre la stessa dualità militare-civile – quindi applicabili a una miriade di prodotti e in diversi settori. La ricerca va pertanto finanziata. Il suo costo è sempre inferiore ai benefici che è in grado di produrre. In particolare, nel settore aerospaziale, la tecnologia è spinta al limite delle possibilità, ecco perché diventa innovativa e può dare molto al Paese.

Quali sono le aree di eccellenza che l’Italia deve assolutamente mantenere?

In termini tecnologici l’Italia può permettersi molto in campo militare e civile. Con le sperimentazioni in atto siamo vicini a poter costruire velivoli a pilotaggio remoto a bassa osservabilità con tecnologia italiana. Nel settore unmanned, abbiamo sviluppato ottime tecnologie, che possono costituire la base per costruire un prodotto europeo che abbia adeguate economie di scala per sostenere la produzione a bassi livelli di costo.

Un altro campo di eccellenza è sicuramente quello degli aereoplani per l’addestramento. L’Italia ha una grande tradizione in questo settore, soprattutto nel campo dei jet, cito solo l’Aermacchi 326, un mito del passato, e l’MB 339, entrambi esportati nel mondo. Il nuovo sogno è rappresentato dall’Alenia Aermacchi 345 Het (Hight efficiency trainer), velivolo già in costruzione, che sarà pronto nel giro di un anno e mezzo. L’addestratore sarà in grado di produrre attività di volo con standard elevatissimi, anche in termini di sostenibilità ambientale – grazie alle basse emissioni – e al costo di un addestratore turbo-elica. Questo velivolo rappresenta l’eccellenza sulla quale innestare il progetto della scuola di volo multinazionale a livello europeo “multinational training school”.

Come evolverà la difesa in Europa e come l’industria?

Gli assetti industriali dedicati alla sicurezza del Paese, legata oramai a conflittualità di quarta e quinta generazione, hanno un ruolo determinante. In Europa sono stati fatti passi importanti verso una difesa comune e altri stanno per essere compiuti, in un mondo che sotto l’aspetto della difesa e della sua base industriale è cambiato. Pochi prodotti, un esercito o forze armate di piccole dimensioni non riescono più a essere competitivi in campo internazionale. Oggi per la difesa serve una reale economia di scala. Si deve raggiungere una dimensione più grande per poter competere. Per questo vedo già in atto una terza rivoluzione industriale, durante la quale vedremo necessariamente nuovi merger tra continenti. Abbiamo assistito a una grande collaborazione tra Europa e Stati Uniti, ma a molti è sfuggito l’avvio di un discorso di libero scambio anche con altre aree, come il Mercosur (Sudamerica).

Cosa si aspetta dal Consiglio europeo di dicembre dedicato alla difesa?

Bisogna vedere qual è il livello di ambizione. Non bisogna correre troppo, ma nemmeno rimanere fermi. Un aereo fermo cade. Bisogna muoversi alla velocità che il mondo richiede. Il fatto che per la prima volta si parli di difesa nell’ambito di un consesso europeo è un aspetto rilevante. Per la moneta ci sono regole uniche, per la difesa stiamo avviando un percorso importante.

Come cambierà invece il trasporto aereo?

Il grande progetto a cui si guarda è il Sesar (Single european sky Atm research, ndr). La necessità di voli commerciali non sarà molto elevata, pertanto serve maggior tecnologia per poter sfruttare al meglio lo spazio a disposizione. La risposta a queste necessità arriverà dalla piena integrazione nello spazio aereo dei velivoli a pilotaggio remoto (unmanned). L’uso dei velivoli non pilotati avrà un grande impulso anche nel trasporto delle merci, che partiranno e atterreranno su basi fisse, grazie al controllo sempre più efficace del traffico civile. Anche in questo settore l’Italia è all’avanguardia sia nel campo militare sia in quello civile. I briefing che mi hanno chiesto di tenere sull’argomento all’estero, ne sono la testimonianza. Inoltre, grazie alla progressiva implementazione delle nuove tecnologie, avremo la possibilità di ridurre i rischi, anche in termini di errore umano. Oggi il volo è molto automatizzato e immagino che di questo passo ci sarà a breve un ulteriore impulso verso una sempre maggiore integrazione tra l’aviazione civile e quella militare. Entrambe utilizzano lo stesso mezzo, impiegano le stesse regole, hanno solo scopi diversi.

E lo spazio in tutto questo che ruolo ha?

Lo spazio è un settore fondamentale, a cui l’Europa deve guardare sapendo innanzitutto quello che vi circola. Il caso di questi giorni del satellite Goce (satellite Esa disintegratosi nell’impatto con l’atmosfera senza creare danni, ndr) insegna. Ci sono tanti detriti che rientrano sulla Terra, solo i satelliti geostazionari vengono depositati oltre i 250 chilometri, nelle cosiddette “orbite cimitero”. Dobbiamo sapere cosa c’è nello spazio e anche chi ci osserva e perché.