Dopo alcuni anni di relativa calma, il mercato del trasporto aereo italiano sta vivendo stagioni più movimentate e calde (non solo dal punto di vista climatico). Molti sono i temi che destano l’attenzione degli operatori e delle autorità competenti. Primo fra tutti quello dell’accesso al mercato. Con l’avvento delle compagnie low cost, presenti in Europa da un ventennio, dopo la liberalizzazione del 1992, con la stipulazione dei trattati open skies e, da ultimo, con l’avvento dei gulf carriers, il mercato ha infatti subìto una trasformazione epocale. Il dibattito vede opposti i fautori di un’ulteriore liberalizzazione e coloro che invece invocano il ritorno a previsioni più restrittive. Tale dibattito riguarda in primis i requisiti di nazionalità, il diritto di stabilimento e l’assegnazione dei diritti di traffico. Si discute circa l’attualità delle norme che, sia in Europa sia negli Stati Uniti, limitano a soggetti che corrispondano ai requisiti di nazionalità previsti (prevalenza del capitale in mano a soggetti europei o statunitensi, a seconda del caso) ovvero se non sia più rispondente alle esigenze degli scambi e dello sviluppo dei mercati la totale liberalizzazione, adottata ad esempio nella maggior parte dei Paesi latinoamericani. I fautori di tale secondo orientamento tacciano di protezionismo coloro che invece invocano il mantenimento o addirittura l’inasprimento dei criteri attuali.
Una tesi di compromesso è quella di chi sostiene che la liberalizzazione è comunque un valore da mantenere, ma sulla base di regole di fair competition. Qui di nuovo si apre il dibattito, se non lo scontro, tra le opposte fazioni. Infatti, per molte compagnie aeree americane la competizione dei vettori del Golfo sarebbe per definizione unfair, atteso che gli stessi beneficerebbero in maniera costante di aiuti di Stato sotto varie forme, senza dover sottostare alle rigide previsioni che limitano l’accesso a tale tipo di aiuti. A simili argomenti replicano i vettori del Golfo, affermando di operare nel rispetto delle regole del libero mercato e di non godere di privilegi. Un argomento interessante, che viene portato avanti dai vettori emiratini, si basa sulla ricostruzione storica dei rapporti. Si ricorda come i trattati bilaterali in vigore, che hanno aperto ai voli tra l’Europa e i Paesi del Middle east, sono stati voluti proprio dai vettori europei, allorché negli anni Settanta venivano a svilupparsi i traffici con il Far east e gli aeromobili all’epoca utilizzati non consentivano collegamenti senza scalo intermedio. I vettori del Golfo sostengono, dunque, che all’epoca, quando le regioni del Middle east non erano in grado di esprimere alcuna compagnia aerea, le ricche compagnie europee spingevano per la completa liberalizzazione. Oggi, invece, stante la presenza di numerosi e importanti vettori del Golfo, l’Europa invoca per la prima volta le regole della fair competition. Le autorità interessate, sia quelle dell’aviazione civile sia quelle antitrust, lamentano di disporre di poteri di verifica e di intervento meramente formali. C’è chi osserva come da un punto di vista sostanziale risulti difficile giustificare l’esistenza di barriere, che, se applicate in modo eccessivamente restrittivo, avrebbero impedito interventi di salvataggio che sono risultati a tutto beneficio delle economie interessate. Altro argomento che continua a far discutere è quello delle cosiddette autorizzazioni in quinta libertà. Come è noto, il sistema dei trasporti internazionali si regge sulle nove libertà dei cieli, stabilite dalla Convenzione di Chicago nel lontano 1944. Alcune tra queste sono implementate in modo costante e consentono lo scambio tra due diversi Paesi (sorvolo, scalo per rifornimento e altri motivi tecnici, imbarco nel proprio Paese e sbarco nell’altro Paese, imbarco anche nell’altro Paese e sbarco nel proprio Paese). Vi sono poi i regimi cosiddetti di open skies che assentono tutte – o quasi – le libertà. Un tema che fa particolarmente discutere nel nostro Paese, e che vede protagonisti ancora una volta due vettori del Golfo (Emirates e Qatar), è quello dei cosiddetti voli in quinta libertà.
L’attenzione è focalizzata sui voli Malpensa-New York, operati da Emirates, e sui voli all cargo Malpensa-Chicago operati da Qatar Aiways. Dopo una serie di duelli al Tar e al Consiglio di Stato, la vicenda Emirates si è conclusa con la riapertura del trattato bilaterale e il riconoscimento esplicito dei voli in quinta libertà già concessi. Tale soluzione non è ancora operativa per i voli all cargo. Il consolidamento anche di tali voli, attraverso il riconoscimento espresso nel trattato bilaterale tra Qatar e Italia, consentirebbe la positiva e definitiva soluzione della vicenda, con il mantenimento degli effetti positivi sull’indotto e il rafforzamento di Malpensa come scalo cargo, rompendo la situazione di oligopolio degli aeroporti del nord Europa ai quali le nostre merci vengono avviate su ruota. Un evergreen rimane il tema delle low cost (prima fra tutte Ryanair) che, operando voli domestici, dovrebbero adeguarsi interamente alle previsioni fiscali e previdenziali italiane. Sul punto il legislatore è intervenuto alla fine del 2012, prevedendo la necessità dell’istituzione di una base permanente, ma ancora esistono disparità nelle modalità dell’attuazione concreta da parte dei singoli vettori. Insomma, non si può certo dire che manchino temi di riflessione e di dibattito, con l’auspicio che questo affascinante settore continui a crescere aumentando l’appeal del nostro Paese.