L’Alleanza Atlantica è oggi più indispensabile che mai, tanto più che dal 2010 – anno in cui i leader dei Paesi Nato hanno adottato un nuovo concetto strategico che serviva (e servirà ancora per un po’) come piano per un decennio – nuove minacce sono entrate di forza nell’area transatlantica. Lo ha spiegato con chiarezza il Comandante supremo delle forze alleate Nato in Europa, Curtis Michael “Mike” Scaparrotti, intervenuto durante The Brussels Summit Dialogue, un evento parallelo al vertice vero e proprio che ha visto la partecipazione di circa 400 esperti e rappresentanti dei mondi diplomatico, militare, dei think tank e politico.
Il pensiero va, naturalmente, alle tante missioni in corso, come quella in Afghanistan, e alle nuove, come quella con finalità di training in Iraq. Il dossier più citato, tuttavia, è quello riguardante la Russia, attiva tanto nel Vecchio continente, in Ucraina e non solo, quanto negli Stati Uniti, dove l’intelligence americana punta apertamente il dito contro il Cremlino, reo di aver tentato di interferire nelle ultime elezioni presidenziali con un mix di offensive hacker e disseminazione di mirate fake news. Mosca ha sempre respinto le accuse, anzi, di recente ha manifestato tutto il proprio disappunto per le esercitazioni tenute dall’Alleanza nei Paesi Baltici. E alla domanda se la Nato dovesse ridurre questo genere di test – un’ipotesi peraltro ventilata in passato dallo stesso presidente Usa Donald Trump, che con le sue dichiarazioni sul burden sharing ha creato qualche turbolenza, poi rientrata al termine del vertice – il generale a 4 stelle, 62 anni, americano con origini pugliesi ha replicato così: “Ho parlato con la controparte russa e ho detto che (le esercitazioni, ndr), oltre ad essere annunciate, fanno parte della deterrenza, non sono provocatorie. I nostri esercizi sono di natura difensiva, non offensiva”.
Anche in questo campo, però, qualcosa si potrebbe migliorare. “Preferirei che ci fossero un po’ meno esercitazioni”, ha aggiunto, ma un po’ più concentrate “sull’integrazione e con più componenti cyber“. Su questo specifico aspetto, Scaparrotti ha chiarito che riconoscere il cyber spazio come dominio operativo – al pari di aria, mare, terra e spazio extratmosferico –, come avvenuto al summit del 2016 a Varsavia, in Polonia, non è sufficiente. “Dobbiamo sviluppare una dottrina e procedure operative che saranno utilizzate dal nuovo Cyberspace Operation Center” presso il Supreme Headquarters Allied Powers Europe (Shape) di Mons, in Belgio. Il concetto di un’Alleanza che non muta la sua missione fondante, ma che deve adattarsi ad un mondo in costante cambiamento è stato un po’ il leitmotiv delle parole di Scaparrotti.
E in questo contesto può inquadrarsi la rinnovata attenzione che, dice il generale, è stata dedicata dagli alleati durante questo vertice al cosiddetto ‘fianco Sud’, che vede l’Italia in prima linea. “È stato previsto un pacchetto di misure dedicato” a quest’area, ha detto l’alto ufficiale, che prevede partenariati siglati con Giordania e Tunisia, ma, in un certo senso, anche la piena operatività dell’Hub di Napoli. Risultati che hanno riscontrato la soddisfazione della rappresentanza del governo al summit – il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, presente nel quartier generale dell’Alleanza insieme al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il titolare del dicastero della Farnesina Enzo Moavero Milanesi, ma anche del sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo.
Il tutto, ha sottolineato il generale, va affrontato in un ambiente multiregionale, non solo all’interno di un singolo comando. E ciò è oggi reso molto più complesso da minacce ibride come il terrorismo e dall’elemento tecnologico declinato in attacchi informatici a servizi e infrastrutture critiche. Si è assistito a una moltiplicazione costante della velocità di movimento delle informazioni e della capacità di influenza da parte di attori ostili, con impatti significativi per il mondo della difesa.
Per questo, perché la Nato sia davvero un’alleanza efficace e moderna, ha ricordato Scaparrotti, è essenziale che sia pronta a reagire in tempi brevi a tutto ciò. E questa necessità operativa troverà riscontro grazie a un accordo totale sulla Readiness initiative, anche conosciuta con “Four thirties”: ovvero avere a disposizione, entro il 2020, 30 battaglioni meccanizzati, 30 squadroni aerei e 30 navi da guerra in grado di essere operativi in 30 giorni. Ma la cosa più importante, ha concluso il comandante “è cambiare mentalità” e non dare nulla per scontato. Ed è questo lo sforzo aggiuntivo che sarà richiesto a tutti gli alleati nei prossimi mesi. “Dobbiamo sempre imparare come guadagnarci la pace”.