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Sebbene il Paese non sia membro dell’Alleanza e un intervento militare sia da escludere, la crisi ucraina coinvolge direttamente la Nato. Piaccia o no, la Crimea è perduta. Oltretutto, a breve termine, le sanzioni nei confronti della Russia danneggerebbero più l’occidente che Mosca. Solo a medio-lungo termine Putin subirebbe gravi danni
La crisi ucraina coinvolge direttamente la Nato, sebbene il Paese non sia membro dell’Alleanza e un intervento militare sia da escludere. Piaccia o no, la Crimea è perduta. Anche il nuovo governo di Kiev sembra essersi rassegnato. Ha certamente ordinato ai suoi soldati di stanza in Crimea di non reagire. Forse combatterebbe se Mosca estendesse l’occupazione alle province russofone dell’est e del sud. L’Ucraina sarebbe sconfitta. Però, una sua reazione militare, anche se limitata a qualche raid di forze speciali, ad azioni di guerriglia o ad attentati terroristici, creerebbe problemi a Mosca. Anche la Cina reagirebbe. Il riarmo cinese sta preoccupando il Cremlino. Pechino teme certamente la minaccia russa di uscire dal trattato sui missili a gittata intermedia (Inf).
I rapporti transatlantici e quelli fra gli Stati europei conoscerebbero tensioni. Il sostegno spensieratamente dato alla rivolta ucraina avrebbe dovuto essere preceduto da intese. L’occidente sembra aver perduto ogni capacità previsionale e progettuale. La Nato ha discusso della crisi solo quando i “giochi” erano ormai fatti. Europa e Usa si sono scambiate critiche, che hanno di certo divertito Putin.
Inevitabilmente le reazioni militari occidentali sono solo simboliche. Anche le dispute sulle sanzioni contro la Russia sono imbarazzanti. Il Saceur ha detto – nella riunione d’emergenza del Consiglio atlantico, convocato su richiesta della Polonia – che la Nato non aveva alcun piano per soccorrere l’Ucraina in caso d’aggressione. Comunque, tanto per mandare un segnale e non limitarsi al dialogo, due Awacs stanno osservando le mosse russe, con il divieto però di superare i confini Nato, e gli Usa hanno inviato un cacciatorpediniere nel Mar Nero, quattro F-15 in Lituania e una squadriglia di F-16 da Aviano in Polonia. Insomma la Nato ha riconosciuto di non potere fare nulla per la Crimea. Si è limitata a proteste, a limitazioni della cooperazione con la Russia e ad auspicare il monitoraggio dell’Osce, la moribonda Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Essa aveva avuto un ruolo importante alla fine della guerra fredda e anche nell’attuazione degli accordi di Dayton. In quest’ultimo caso, la ragione erano stati i disastri combinati dall’Onu in Bosnia-Erzegovina. Oggi, invece, è invocata dalla Nato. C’è poco da stare allegri sullo stato di salute dell’Alleanza.
Il piano Nato
L’obiettivo della Nato è di evitare la ripetizione di Anschluss come quello avvenuto in Crimea, sulla base della “dottrina Medvedev”. Essa afferma la responsabilità di Mosca di proteggere le popolazioni russe al di fuori della Federazione. È una dottrina che rinnega il principio dell’inviolabilità dei confini, fondamentale per l’ordine internazionale da Westfalia in poi. Dando priorità all’autodeterminazione delle minoranze, prima mobilitate e poi sostenute militarmente da Mosca, preoccupa gli Stati, come l’Estonia, la Lettonia e il Kazakistan.
La crisi in Georgia del 2008 non aveva provocato una crisi tanto profonda fra l’occidente e la Russia, anche perché il presidente georgiano se l’era voluta, con il suo tentativo di riportare con la forza l’Ossezia del sud sotto il controllo di Tbilisi. Anche in tal caso l’occidente si era diviso. Era mancata la leadership Usa. Germania e Italia si erano opposte anche a sanzioni.
In Ucraina, la situazione non è molto diversa. Escluso l’uso della forza, anche perché l’Ucraina non si è difesa, restano le sanzioni. Non è facile deciderle. Avrebbero conseguenze diverse sugli Usa e sui vari Paesi europei. Gli Usa hanno un interscambio molto ridotto con la Russia. L’Europa dipende invece tra un quarto e un terzo del gas russo. Tale dipendenza non può essere ridotta in tempi brevi. Inoltre, esistono consistenti interessi commerciali. La Germania ha ben 6.200 joint venture in Russia; l’entità del commercio italiano è elevata; Londra teme di vedere fuggire i depositi bancari russi; dulcis in fundo, Parigi ha affermato che non intende rinunciare alla fornitura alla Russia di due navi d’assalto anfibio tipo Mistral, di cui la seconda – per ironia della sorte – ha nome Sebastopoli!
Sanzioni boomerang
Vi è poi un altro problema. Riguarda i tempi di efficacia delle sanzioni. A breve termine, danneggerebbero più l’occidente che la Russia. Solo a medio-lungo termine Mosca subirebbe gravi danni. La sua economia e il suo bilancio statale sono quelli di un “petrostato”. La rivoluzione in corso nella geopolitica dell’energia (shale gas, esportazioni dagli Usa, petroli non convenzionali, ripresa della produzione dell’Iraq e dell’Iran, scoperta di nuovi maxi-giacimenti, ecc.) ridurrà la dipendenza dell’Europa solo fra un decennio.
La carta vincente cinese
Le tensioni fra gli Usa e la Russia stanno aggravandosi. Obama, “premio Nobel della pace” si sta accorgendo di venire preso in giro da Putin. La Russia ha minacciato di denunciare tutti gli accordi sulla riduzione degli armamenti, compreso quello sugli Inf o euromissili. Non si sa come reagirà la Nato e se Obama rinuncerà alle sue fantasie di disarmo nucleare e di reset con Mosca.
Per ora la Nato cerca solo d’evitare nuovi danni. Le aree più sensibili per essa sono gli Stati Baltici e le province orientali e meridionali dell’Ucraina. Nel caso della Crimea, si sta comportando come un pompiere che si limiti a evitarne l’estensione di un incendio, anziché cercare di spegnerlo. La battuta fatta dalla Merkel a Obama che Putin vive in un altro mondo e che usa la legge della giungla, non era una critica, come da molti è stata intesa. Esprime una realtà. Il Cremlino si comporta come hanno sempre fatto gli Stati da Westfalia in poi. Nella sua incultura strategica, l’occidente non l’ha capito ed è stato preso di sorpresa. Non solo si è imbarazzato. Si è anche stupito, che Putin non si comporti come sperato. L’unica carta vincente per l’occidente è la Cina. Pechino si è schierata all’Onu contro le iniziative di Mosca. L’aveva già fatto per la Georgia. Certamente sta pensando al Kazakistan e alla sua influenza in Asia Centrale. Comunque, la Nato e gli Usa escono male dalla crisi ucraina. Hanno seguito la logica dell’appeasement di Monaco. In Italia non se ne parla o quasi. Il dibattito è concentrato sugli F-35! “Allegria!”, avrebbe detto Mike Buongiorno.