Il piano del ministro Trenta per modificare l’Operazione Sophia nel Mediterraneo

Di Stefano Pioppi

Mentre Giovanni Tria è in Cina e Luigi Di Maio in Egitto, vola a Vienna il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, per un vertice informale con i colleghi dell’Unione europea con cui il governo spera di dare un’importante sterzata alla questione migratoria. Come già accaduto negli scorsi mesi, toccherà alla numero uno di palazzo Baracchini dare specificità e profondità agli obiettivi dell’esecutivo Conte. E così, dopo “la svolta storica” annunciata da Matteo Salvinicon il premier ungherese Viktor Orban, Trenta porta in Austria una proposta concreta per la modifica dell’Operazione Sophia, anche nota come EunavforMed.

LA MISSIONE

Istituita dall’Unione europea nel maggio del 2015, l’operazione ha l’obiettivo di “adottare misure sistematiche per individuare, fermare e mettere fuori uso le imbarcazioni e i mezzi usati o sospettati di essere usati da eventuali trafficanti”. Al momento, l’Italia partecipa con un impiego massimo approvato dal Parlamento fino al 30 settembre 2018 di 470 militari, un mezzo navale e due mezzi aerei. Al nostro Paese appartiene la flagship dell’operazione con Nave San Marco che dal primo di agosto ha preso il posto di Nave San Giusto e guida lo sforzo europeo. Al centro delle critiche delle forze di governo c’è un punto chiaro: il fatto che l’Italia sia l’unico Paese di sbarco per le navi impegnate nella missione.

LA PROPOSTA DI MODIFICA

Da qui parte la proposta di modifica del ministro Trenta, che “mira ad introdurre una rotazione dei porti di sbarco, ovvero puntiamo a fare in modo che non sia più solo l’Italia a farsi carico del problema, bensì anche gli altri Stati membri”, spiegano fonti della Difesa. “A maggior ragione per quanto riguarda Sophia, che è una missione Ue”. La proposta italiana si articolerà dunque in tre punti. Primo, far passare il principio della rotazione dei porti, connesso alla successiva ripartizione dei migranti tra i Paesi membri. Ciò si lega al secondo punto: la prevalenza del principio delle zone di ricerca e soccorso (Sar) rispetto al principio geografico. In altre parole, l’Italia chiederà che lo sbarco avvenga non nei porti geograficamente più vicini, ma in quelli del Paese nella cui zona Sar è avvenuto il salvataggio. In questo caso, il riferimento è soprattutto a Malta, che può vantare una zona Sar molto ampia, permettendosi però di rifiutare l’attracco nei suoi porti in virtù della maggiore vicinanza di Lampedusa. Ciò è già previsto nell’ultimo aggiornamento della convenzione del mare, che però La Valletta non ha ratificato.

UN’UNITÀ DI COORDINAMENTO

Infine, il terzo punto della proposta che il ministro Trenta presenterà ai colleghi dell’Ue prevede la creazione di un’unità di coordinamento ad hoc gestita da Frontex (l’Agenzia dell’Unione per la gestione delle frontiere esterne) e partecipata dai rappresentanti di tutti i Paesi membri. In particolare, il ministro proporrà la città di Catania, che già ospita un sede Frontex, per l’istituzione della nuova unità.

IL LAVORO DIPLOMATICO

La presentazione del piano è accompagnato da un’intensa attività diplomatica che ha già coinvolto a Bruxelles i rappresentanti italiani. Non a caso, la giornata viennese del ministro Trenta sarà condita da una serie di bilaterali con alcuni omologhi dei Paesi Ue proprio “per lavorare in modo approfondito sulla proposta italiana e provare ad ottenere un’ampia convergenza”, spiegano dal dicastero di via XX Settembre. La linea era già stata indicata dal ministro nel corso dell’audizione di fronte alla commissioni Difesa riunite di Camera e Senato di fine luglio. Con un tono ben diverso rispetto al collega dell’Interno, la Trenta spiegava che Sophia è “una missione molto rilevante per ciò che riguarda controllo dei traffici”, ma che “resta un problema, legato al fatto che se la missione prende dei migranti, li deve far sbarcare sul territorio italiano, e questo perché non è stata attuata la norma relativa alla distribuzione in altri Paesi”. In tal senso, aggiungeva, “siamo riusciti al Consiglio europeo a far passare un principio diverso”, per cui comunque “serve il tempo necessario, il tempo diplomatico” che non sempre segue i ritmi veloci della politica. Già allora, notata il ministro Trenta, l’Italia aveva incassato “la disponibilità dell’Altro rappresentante Federica Mogherini ad accorciare i tempi e credo che entro l’autunno riusciremo ad avere il cambiamento della norma per cui siamo costretti a tenere sul suolo italiano tutti i migranti che vi arrivano”.

LA LINEA MORBIDA (E PIÙ EFFICACE)

Parole che avevano mostrato sì la decisione nel modificare l’Operazione, ma anche l’intenzione di farlo di concerto con i partner. Un segnale in tal senso era già arrivato a inizio luglio, quando il ministero della Difesa aveva risposto alla proposta provocatoria di Matteo Salvini: bloccare l’ingresso nei porti italiani alle navi militari straniere che partecipano a EunavforMed. Da palazzo Baracchini avevano fatto sapere che non è il Viminale a poter decidere sulle modalità operative e le regole di ingaggio della missione, ma che piuttosto ciò spetta ai ministeri di Esteri e Difesa, e sempre all’interno di un consenso europeo trasversale. “L’azione – trapelava dal ministro di via XX Settembre – deve essere coordinata a livello governativo, altrimenti l’Italia non ottiene nulla oltre a qualche titolo sui giornali, fermo restando che la guida italiana per noi è motivo di orgoglio”.

L’OPINIONE DI TRICARICO

Resta comunque chiara la volontà dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte di modificare la missione europea, da sempre al centro di numerose critiche non solo di carattere politico. “Oggi – osservava su Airpress il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa e già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica – le navi militari dell’Operazione Sophia, in combinato con le navi delle Ong, hanno difatti causato un incentivo al fenomeno migratorio, arrivando a modificare le modalità operative con cui i trafficanti di esseri umani mettono in mare le imbarcazioni, affidandosi a mezzi precari che non possono tenere se non per qualche miglio”.

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