Pinotti e Mogherini per la difesa europea. Chi pensa a Leonardo-Finmeccanica?

Di Stefano Pioppi

Molta Bruxelles e poca Roma. Questa forse la sintesi dell’evento “Europa più difesa” organizzato ieri dall’Istituto Affari Internazionali (Iai) a Roma. “L’Italia è pronta ad affrontare la sfida della difesa comune”, ha detto il ministro della Difesa Roberta Pinotti.

I prossimi passi
L’obiettivo a brevissimo termine è l’approvazione della cooperazione strutturata permanente, meglio conosciuta come Pesco, che dovrebbe avvenire “con la riunione congiunta dei ministri Esteri e Difesa a novembre e quella dei capi di Stato e di governo a dicembre”, ha annunciato il ministro. L’impegno del Paese in questo senso non è in discussione: “l’Italia ha sempre dato un segnale insieme a Spagna, Francia e Germania, ma anche attraverso un lavoro di rassicurazione rispetto agli altri per una visione aperta e inclusiva”. Avanti tutta anche con pochi volenterosi dunque, ma sempre lasciando la porta aperta agli altri. Le ha fatto eco l’Alto rappresentante dell’Unione europea Federica Mogherini, che proprio sulla Pesco ha riconosciuto i meriti del nostro Paese: “Il ruolo dell’Italia è fondamentale, perché di fronte alla percezione della volontà franco-tedesca di trainare il processo, è l’Italia, insieme alla Spagna, a rassicurare gli altri Paesi”.

I fattori determinanti
Ma come è stata possibile la recente accelerazione nel campo della difesa europa? “Dopo quindici anni di primaria attenzione ai temi economici e finanziari, la difesa e la sicurezza sono diventate prioritarie”, ha spiegato la Mogherini. Brexit ed elezione di Donald Trump hanno sicuramente contribuito, ma “il fattore determinante è stata la domanda di sicurezza dei cittadini europei”. D’altronde, “la complessità delle minacce richiede complessità delle risposte che nessun Paese è in grado di fornire da solo. La risposta è l’Europa, che offre gli strumenti (ndr, tra cui la Pesco, già prevista dai trattati) per affrontare tutto questo”.

La questione della spesa
Non si tratta di spendere di più ma di spendere meglio. Questa la ricetta dell’Alto rappresentante sul tema della spesa: “Se mettiamo insieme i 28 bilanci nazionali siamo la seconda potenza mondiale militare”. Eppure, “spendiamo frammentariamente: il nostro investimento è pari al 50% di quello statunitense, ma il rendimento è il 15% rispetto a quello americano”. Per cambiare il trend, ha affermato la Mogherini, occorre “pianificare insieme spese e priorità, produrre insieme sostenendo l’industria europea, acquistare insieme e agire insieme”. Tutto questo si traduce nei tre meccanismi su cui si basa il “Pacchetto difesa”: la Pesco, la Revisione coordinata annuale (Card, per identificare gap di capacità e di forze), e il Fondo europeo per la difesa (che dovrà sostenere i progetti per colmare i suddetti gap).

I dubbi sul Fondo
Ma è proprio sul costituendo Fondo per la difesa che permangono le maggiori perplessità. Per il nuovo istituto è previsto un budget di 500 milioni di euro nel 2019-2020 per quanto riguarda la parte Sviluppo e acquisizione (1 miliardo l’anno dopo il 2020, con un contributo successivo di altri 4 miliardi alimentato dagli stessi Paesi membri per un totale di 5,5 miliardi l’anno). Cifre allettanti che hanno già acceso la competizione tra gli attori continentali. Durante l’evento romano sono stati fatti diversi accenni, ma senza entrare nel merito del ruolo della industria nazionale che rischia di restare stritolata nelle capacità degli altri partner, Francia in testa.

“Il nostro timore – aveva detto in audizione alla Camera il presidente dell’Aiad Guido Crosetto – è se il sistema Paese sarà pronto a una rivoluzione a 360 gradi di questo tipo: pensare a un unico investitore europeo in questo settore significa non solo avere pronte le aziende ad una competizione molto più forte, ma significa avere pronto l’intero sistema-Paese, i funzionari, la burocrazia, il sistema finanziario, ma anche le regole, fiscali e burocratiche. Sostenere questo cambio significa anche adeguare il bilancio italiano alle percentuali di Pil investito dai nostri competitor industriali, per non lasciargli vantaggi irrecuperabili”.

Sullo stesso Fondo, sempre alla Camera, si è espresso anche l’ad del campione nazionale Leonardo, Alessandro Profumo. Il Gruppo di piazza Monte Grappa è già al lavoro per aggiudicarsi le prime gare europee, finanziate in parte con le risorse del Fondo. Eppure, anche per Profumo, tutto il sistema-Paese deve essere pronto: “Stiamo lavorando sui nostri fornitori per capire chi può stare meglio sui mercati internazionali, non basta partecipare a questo progetto con convinzione”, ha detto il manager.

Oltre al campione nazionale, su cui sembra essere calato un misterioso tabù quando si parla di difesa comune, il rischio è che l’entusiasmo per l’avanzata dell’Europea della difesa porti a trascurare la difesa del valore del comparto nazionale, il quale conta oltre all’ex Finmeccanica numerose imprese, medie e piccole, nonché importanti investimenti stranieri come, ad esempio, quello di GE Aviation che opera con il business Avio Aero. Avanti tutta quindi con la difesa europea, ma senza dimenticare il legittimo interesse italiano. L’alternativa è lasciare spazio alle ambizioni di altri, ben più nazionalisti.

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