Ranzo (Avio): “Far crescere l’azienda e garantirle sostenibilità, questa la nostra missione”

Di Michela Della Maggesa

Nel corso degli ultimi 3 anni il lanciatore dell’Agenzia spaziale europea Vega – che ha appena concluso la sua sesta missione lanciando nei giorni scorsi la sonda dell’Esa LISA Pathfinder – ha dimostrato la capacità di soddisfare le necessità di diversi clienti, portando in orbita satelliti in svariate configurazioni. Adesso con la fine del programma Verta (Vega Research and Technology Accompaniment), mirato a dimostrare al mercato le capacità del vettore, il Vega si avvia verso il suo consolidamento commerciale, nonché verso le sue evoluzioni, che gli permetteranno di soddisfare ulteriori requisiti. Di questo e di altro abbiamo parlato con Giulio Ranzo, amministratore delegato di Avio, che attraverso Elv (partecipata al 30% dall’Asi), sviluppa e realizza a Colleferro il 65% del lanciatore.
Che cosa ha significato il programma Verta per il Vega?
Verta è stato un programma utilissimo per testare tutto l’inviluppo delle condizioni di utilizzo del lanciatore. Grazie ad esso abbiamo fatto missioni molto diverse tra loro. Abbiamo portato in orbita un veicolo suborbitale (IXV, ndr), satelliti da un chilogrammo di massa ed altri, come LISA Pathfinder, da quasi due tonnellate. Per queste missioni sono state utilizzate orbite polari ed equatoriali, un range di utilizzo davvero ampio, che ha richiesto manovre orbitali complesse. Completando il Verta, abbiamo acquisito la confidenza necessaria a rispondere ai requisiti di ulteriori clienti, magari ancora più sofisticati. La fase commerciale comincerà nel 2016, anche se siamo già partiti, visto che un anno e mezzo fa abbiamo firmato un contratto con Arianespace (primo operatore al mondo di servizi di lancio partecipata da 10 Paesi europei tra cui l’Italia, ndr) per il primo bach relativo ai primi 10 voli commerciali (dal volo 7 al 17, ndr), 9 dei quali sono stati già venduti.
Cosa prevede ad oggi la fase commerciale?
Nel 2016 faremo volare il satellite turco per l’Osservazione della Terra Göktürk e satelliti per immagini ad alta definizione per Skybox, società partecipata da Google. Faremo volare un satellite per il Perù, Paese che va per la prima volta nello spazio con un suo prodotto. Tutto questo rappresenta per noi una sfida, perché significa una customizzazione del servizio molto spinta, ma la tecnologia flessibile di cui disponiamo ben si adatta ai diversi requisiti. Affrontiamo questa fase con grande ottimismo.
Come vi muoverete rispetto alla concorrenza?
Siamo consapevoli della competizione da parte dei lanciatori russi, americani ed indiani. Per questo lavoreremo assieme ai nostri partner per continuare a mantenere elevato il livello di affidabilità del lanciatore e il costo sempre più competitivo. A contraddistinguere tutta la famiglia dei lanciatori europei (Ariane 5, Soyuz e Vega, ndr) è il rigore nel controllo della qualità, da cui deriva un livello di affidabilità molto elevato, che ovviamente si riflette nel prezzo.
E’ vero che potreste portare in orbita un’altra Sentinella con il Vega, al posto del lanciatore russo Rockot, derivato da un missile balistico intercontinentale?
E’ una possibilità, se ne discute ma non c’è nulla di deciso. Abbiamo una capacità e laddove si ritenga competitivo il nostro prodotto, siamo assolutamente disponibili. Il nostro obiettivo in questa fase è di volare almeno 3 volte l’anno, perché è a questa cadenza che riusciamo a dare il miglior rapporto tra qualità e competitività sul costo. Se non ci sarà questa opportunità ne reperiremo altre.
L’Agenzia spaziale europea ha stabilito, con l’arrivo di Ariane 6 e Vega C, di ridurre il supporto istituzionale ai lanciatori e di dare all’industria maggiore responsabilità nel settore commerciale. Cosa comporterà tutto questo e come si rifletterà nella governance di Arianespace?
Siamo in un momento di cambio strutturale importante, nel quale si è deciso che il settore dei lanciatori debba riuscire a sostenersi senza supporto pubblico. Per fare questo le industrie devono assumersi pienamente il rischio di mercato. Di conseguenza cercano di modificare la governance e la struttura industriale, con l’obiettivo di essere più snelle, meno costose e di incidere maggiormente nelle decisioni rispetto a quando Arianespace era a capitale prevalentemente pubblico, ovvero quando il principale azionista era il Cnes (l’Agenzia spaziale francese, ndr). Sicuramente il tema è delicato, anche perché Arianespace è titolare di licenze esclusive per la vendita dei lanciatori. Noi come prime contractor di Vega (tramite Elv, ndr) auspichiamo di poter avere un pieno diritto alle decisioni fondamentali in ambito commerciale. Dovendo assorbire pienamente i rischi, dobbiamo poter controllare anche le decisioni commerciali. Non è un processo facile, ma è un passaggio nel quale auspico l’intervento del Governo, dato che se riusciremo a mantenere il controllo nella fase commerciale, gli investimenti fatti dal Paese daranno ritorni industriali importanti, soprattutto quando arriveremo al massimo sfruttamento commerciale del lanciatore (Oltre a Vega C, evoluzione dell’attuale lanciatore, che condividerà con Ariane 6 il nuovo motore a solido P120C, sviluppato e prodotto a Kourou da Europropulsion, joint venture tra Avio e ASL, è già previsto Vega E, capace di un carico utile nominale di 2.300 kg, quindi anche carichi doppi, e di un’ampiezza maggiore relativamente alle orbite che potrà raggiungere, ndr).
Ci sono novità sull’assetto della proprietà di Avio?
Al momento non ci sono novità. Il nostro è un settore di mercato molto particolare, nel quale le aziende hanno rapporti di partnership con quasi tutti gli altri soggetti del settore, pertanto le transazioni che modificano la proprietà sono particolari. Richiedono il consenso dei Governi e anche delle parti con cui si è legati a livello di joint venture. Stando così le cose non si possono avere cambi di proprietà rapidi. Credo che oggi il focus degli azionisti (Cinven ha la maggioranza di Avio, ndr) sia quello di creare valore in un momento in cui esistono opportunità, non solo per l’azienda ma anche per il Paese, di acquisire una posizione sempre più sostenibile nel tempo. La nostra missione è quella di far crescere l’azienda e di garantirle sostenibilità. L’assetto societario seguirà un suo percorso e, ad un certo punto, arriverà ad una conclusione. La cosa importante è partecipare ai programmi ed avere la disponibilità di una tecnologia. Gli amministratori delegati passano, così come gli azionisti, mentre le aziende restano. Quello che conta è il contenuto tecnologico sul territorio, la conoscenza delle persone e la partecipazione a programmi sostenibili di lungo periodo.

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