Regole europee “future proof” per l’Intelligenza artificiale. L’analisi di Maurizio Mensi

Di Maurizio Mensi

Il tema delle regole è sempre al centro del dibattito quando si discute di digitale e ci si interroga su quale sia la strategia vincente, che si tratti di protezione dati, diritto d’autore o intelligenza digitale. Ne è dimostrazione la polemica in corso sull’approccio europeo in tema di Ia, che secondo taluni (da ultimo Nick Wallace, analista politico del Center for data innovation, il 15 giugno scorso su Euobserver) sarebbe contraddittorio e simile a quello statunitense in tema di tabacco, ove si sovvenziona la produzione, ma al tempo stesso se ne combatte l’utilizzo.

L’Unione europea ha da poco annunciato ingenti investimenti in tema di Ia per rendere grandi quantità di dati disponibili alla fruizione collettiva e utilizzare le sue applicazioni in ogni settore dell’economia, in raccordo con gli Stati membri. Tuttavia – rileva Wallace – il Regolamento europeo 2016/679 impone rigide restrizioni all’Ia quando sono usati dati personali e a livello nazionale ulteriori previsioni sulla stessa linea sono allo studio, con il rischio di compromettere gli sviluppi e l’evoluzione dei sistemi di Ia. Ciò avrebbe infatti l’effetto di aumentare i costi e rendere complicato dal punto di vista giuridico usare l’Ia da parte di imprese che potrebbero pertanto essere disincentivate a investire, riducendo la competitività e la rilevanza europea nell’Ia in una fase in cui la sfida per il primato nel settore si sta intensificando, con Stati Uniti e Cina sempre più protagonisti.

Le recenti misure Ue includono una proposta per rafforzare la Direttiva relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (Psi), che chiede ai governi europei di consentire a terze parti di utilizzare i dati resi disponibili. Inoltre, sono previsti interventi di soft-law per promuovere la diffusione dei dati relativi alle ricerche accademiche e incoraggiare il settore privato a condividere maggiormente quelli in loro possesso. Disporre di una maggiore quantità di dati è certamente positivo per i cittadini e la società in generale e la Commissione è impegnata a finanziare la ricerca sul’Ia lavorando in stretto raccordo con gli Stati membri nell’ambito di una strategia e secondo un approccio integrato. Tuttavia – e in ciò consiste il rischio paventato da Wallace – tecnologie promettenti, in virtù dei citati vincoli normativi, potrebbero essere stroncate sul nascere compromettendo il sistema europeo dell’Ia nella sua fase iniziale, laddove iper-regolato e poco business friendly. Opinione senza dubbio interessante e meritevole di attenzione.

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