Space Force avanti tutta. Così gli Stati Uniti creeranno la sesta Forza armata

Di michele

Non uno scenario da “guerra stellari”, ma una struttura autonoma e interamente dedicata alle attività militari oltre l’atmosfera. La Space Force degli Stati Uniti potrebbe prendere vita nel giro di pochi anni, grazie al deciso endorsement del presidente Donald Trump. “Mi chiede del progetto almeno una volta a settimana”, ha ammesso il suo vice Mike Pence, che presiede il National Space Council (Nsc), l’organo re-istituito dal tycoon.

E infatti, a definire la nuova tabella di marcia è stato proprio l’Nsc, riunitosi per la quarta volta con lo stesso obiettivo delle altre: garantire una gestione coordinata della politica spaziale nazionale, magari con un peso maggiore della Casa Bianca. La precedente riunione, quella di giugno, aveva visto il presidente emanare l’ordine esecutivo, rivolto al Pentagono, per la creazione della Space Force. Una scelta che aveva dato una sterzata decisiva al dibattito, fermo da mesi con il confronto, anche all’interno del Congresso, tra oppositori e sostenitori dell’ambizioso progetto.

Ora, è il National Space Council a mandare al presidente le proprie raccomandazioni, votate all’unanimità dei diversi segretari che lo compongono. Sono sei e, quando saranno firmate da Trump, si tradurranno nella quarta “Space directive policy” della presidenza Trump. Non ci sono grandi novità, ma alcuni dettagli in più sì. La prima raccomandazione riguarda infatti l’ormai noto Us Space Command, già proposto dal Pentagono come passaggio intermedio prima di giungere a una Space Force. La seconda prevede una proposta di legge da parte del Dipartimento della Difesa, già attesa entro febbraio 2019. La terza riguarda una prima richiesta di fondi già per l’anno fiscale 2020, mentre la quarta incoraggia a modificare i poteri di alcune agenzie al fine di garantire autonomia al nuovo comando. Anche la quinta raccomandazione era nota, e cioè l’istituzione di una Space development agency per la futuro gestione del procurement in campo spaziale. Qui, il dibattito riguarda il soggetto da cui dipenderà, con il Pentagono che vorrebbe mantenere il controllo e i “puristi” del progetto che vorrebbero farla confluire nella nuova Space Force. Infine, la sesta raccomandazione invita a rafforzare la relazione tra la comunità di intelligence e la nuova Forza armata.

Nelle parole di Trump e Pence, la ragione di tutto questo resta un contesto internazionale complesso e denso di minacce, dentro e fuori l’atmosfera. I competitor individuati dai vari documenti strategici dell’amministrazione (National security strategy in primis), Cina e Russia, preoccupano gli Stati Uniti anche nello spazio, sia per la vulnerabilità di asset sempre più indispensabili per la vita sulla Terra, sia per il deciso attivismo su nuovi armamenti.

Ad ogni modo, alcuni dubbi sulla Space Force sono destinati a sopravvivere. A fine settembre, il tema aveva acceso il dibattito della conferenza annuale dell’Air Force Association (Afa), in cui si era registrato lo scetticismo dell’influente associazione e la titubanza del segretario dell’Air Force Heather Wilson. Quest’ultima aveva presentato infatti i numeri di un ramo militare per lo spazio: 13 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni, di cui tre per la creazione di un nuovo quartier generale; e 13mila persone da impiegare nel nuovo service, di cui 2.400 proprio nel suddetto quartier generale. Un costo elevato, per molti considerato non così utile. Aveva cercato di ridimensionare il tutto il vice segretario alla Difesa Patrick Shanahan, parlando di un quartier generale dotato di una struttura “leggera” e di una burocrazia snella.

In ogni caso, il piano statunitense per una Space Force pare avere “delle motivazioni condivisibili”, ci ha spiegato il generale Leonardo Tricarico, presidente della Fondazione Icsa e già capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare. “È ormai chiaro che lo spazio è un ambito in cui, anche dal punto di vista militare, è opportuno che ci sia un faro unico acceso e non tanti soggetti istituzionali, con i quali si rischia di perdere di vista l’obiettivo della difesa e della sicurezza”. C’è la possibilità che altri Paesi seguano l’esempio Usa? “Direi di no – ha aggiunto il generale – le dimensioni del Paese rendono possibile una scelta di questo tipo, che ovviamente non è nelle condizioni di poter essere mutuata da altri Stati che non abbiano quelle dimensioni e quelle risorse”. Un’eventualità però sembra esserci: “Se un giorno, presto o tardi, l’Europa dovesse avere una sua identità continentale anche nel settore della difesa e della sicurezza, non sarebbe sbagliato guardare allo spazio, ponendo sotto unica struttura centralizzata tutte le attività relative a un ambito da tenere sotto controllo”.

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