Lotta a terrorismo, stabilizzazione dell’area mediterranea, difesa area europea e coesione euro-atlantica. Sono queste le linee guida del governo per la partecipazione alle missioni internazionali di sicurezza, spiegate direttamente dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, intervenuta di fronte alle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato per la prima volta dall’approvazione della legge quadro. Nel ricordare i contenuti dell’incontro di lunedì ad Oporto, con gli omologhi di Francia, Spagna e Portogallo, il ministro ha ribadito che la minaccia proveniente da sud non riguarda solo i paesi del Mediterraneo “ma è una minaccia a 360 gradi”. Da tale presupposto derivano proposte come quella già avanzata in sede Nato di fare della base di Napoli un centro per la sicurezza del fronte meridionale.
Proprio in ambito atlantico, con le richieste che Trump ha avanzato agli alleati europei per una gestione dell’Alleanza più equilibrata, il tema della spesa per la Difesa, lontana dalla soglia minima del 2%, è tornato preponderante. In passato, “c’è stato un bilancio della difesa con tagli consistenti”, ha ammesso il ministro che la prossima settimana sarà a Bruxelles per la ministeriale Difesa dell’Alleanza atlantica. In questi ultimi anni, però, “c’è stata una inversione di tendenza, arrivando a una spesa dell’1.18 per cento”. Inoltre, “siamo lontano dal 2 per cento, ma quella italiana è spesa molto qualificata. Siamo tra le nazioni più impegnate nella Nato e nell’Unione Europea e i primi contributori europei nelle missioni dell’Onu. Stiamo chiedendo quindi all’Alleanza di introdurre anche una valutazione sul livello qualitativo e non solo su quello quantitativo. Noi stiamo spendendo bene le risorse, facendo attenzione alla qualità degli interventi”, ha detto il ministro di fronte alle commissioni parlamentari.
La scorsa settimana, “sono andata in Kuwait ed in Iraq dove 1.400 militari italiani sono impegnati nella coalizione contro l’Isis”. È “la nostra missione più importante”, ha spiegato la Pinotti. “I nostri militari hanno addestrato il 25% delle forze irachene e curde complessivamente formate dalla coalizione internazionale. A Mosul, il nostro impegno più recente in Iraq, c’è un grande campo civile-militare e il lavoro dei tecnici della ditta italiana Trevi, incaricata della messa in sicurezza infrastrutturale della diga sta andando avanti molto bene”.
Per quanto riguarda la Libia, l’Italia è impegnata con la missione di assistenza sanitaria militare “Ippocrate”, con un ospedale da campo italiano di Misurata in cui “sono state curate circa 700 persone e 2.000 sono state assistite”, spiega il ministero. Di fronte alle richieste di altre forze nel Paese, in particolare da parte del generale Haftar, “stiamo esaminando; non escludiamo che il nostro intervento possa essere portato in altre realtà” ha detto il ministro. Già in un’intervista al Messaggero del 5 febbraio, la Pinotti aveva ricordato che l’ospedale di Misurata era stato chiesto da al Serraj “perché le truppe che combattevano a Sirte avevano avuto parecchi morti e feriti, ma siamo pronti ad allargare questa disponibilità anche a Tripoli, Bengasi e Tobruk, purché richiesti, per l’aiuto umanitario e la cura dei feriti sia in loco, sia in Italia all’ospedale del Celio. La nostra è una disponibilità a 360 gradi verso tutti i libici che combattono i terroristi”.
Per quanto concerne il tema dei migranti, dossier principale del Consiglio europeo della scorsa settimana, “l’addestramento della guardia costiera libica e la fornitura di mezzi è la modalità con cui il contrasto all’immigrazione illegale può essere fatto dai libici così come essi stessi vogliono”. Dalla Libia sembrano essere arrivati comunque “segnali incoraggianti” in questo senso, soprattutto in virtù dell’accordo siglato dal presidente del consiglio Paolo Gentiloni e dal premier libico designato Fayez al-Sarraj.