Spese per la Difesa? Il patto di Renzi

Di Paolo Messa

Un rebus che trova finalmente la sua soluzione? Quello delle spese militare è un vero rompicapo, e non solo per l’Italia. Negli Stati Uniti – che già spende risorse ingenti – il cambio del paradigma sta già rapidamente divendo realtà: dai tagli degli ultimi anni si sta virando verso l’aumento degli investimenti. Per i paesi europei il ragionamento è diverso, o quanto meno più lento. Da un lato, non esiste una diffusa cultura della difesa e dall’altro il vecchio continente si presenta con le mani legate da vincoli istituzionali e trattati assai complessi. La decisione quindi della Nato – presente esplicitamente nel documento finale sottoscritto dai capi dei governi – di invertire la rotta e spendere di più negli armamenti pone un problema non banali a questi Stati, Italia in primis, in preda a difficoltà di finanza pubblica. Renzi tuttavia nella conferenza stampa finale ha posto all’Europa un aut aut chiarissimo. Il presidente del Consiglio ha proposto infatti che gli ulteriori investimenti in difesa (che dovrebbero arrivare a toccare la soglia del 2% del Pil) vadano esclusi dai conti del Patto di Stabilità. Si tratta di un’idea non nuovissima: la rivista Airpress ne aveva scritto mesi fa. E’ però evidente che sia una novità rilevantissima il fatto però che ne parli ufficialmente un premier in un contesto ufficiale come quello del vertice Nato. Se poi quel premier è anche presidente pro-tempore dell’Europa ed è lo stesso che ha appena incassato la nomina del suo ministro degli Esteri come Alto rappresentante della politica estera e di sicurezza comune della Ue, si capisce che il valore delle sue parole è non modeste. Nelle prossime settimane bisognerà capire se la proposta troverà audience oppure no: di certo potrebbe essere uno dei primi dossier per la nuova Commissione. I tempi sono un dettaglio non irrilevante per l’Italia. Entro poche settimane bisognerà decidere del finanziamento di programmi cruciali, come il Jsf. La scelta di procedere o meno nel piano di acquisto degli F35 come inizialmente previsto potrebbe avere effetti non solo rispetto al budget della difesa e alla sua capacità complessiva ma avere conseguenze industriali sugli investimenti già previsti a favore delle imprese italiane e che verrebbero ovviamente messi in discussione.
È un passaggio – questo non è l’unico ma è di sicuro il più mediaticamente complesso – decisivo perchè su questa scelta Renzi sarà valutato dagli alleati, Usa in testa. Il rischio per il premier italiano è serio ed è quello di essere considerato all’estero come un efficace annunciatore cui non seguono però risultati concreti. Ecco perchè occorre non lasciare senza seguito questa proposta sulle spese per la Difesa. Il nostro Paese presiede il semestre europeo e proprio l’inizio della prossima settimana a Milano Roberta Pinotti avrà la leadership del Consiglio europeo dei ministri della difesa. Quale consesso migliore per fare propria dalla Ue l’idea di escludere dal Patto di stabilità le spese militari attualmente fuori dai budget già previsti nei bilanci dello Stato? Le riunioni come queste hanno di solito un canovaccio e conclusioni già preconfezionate e non è facile deviare dalla rigidità della procedura fissata dai funzionari di Bruxelles. La Pinotti tuttavia ha già conquistato autorevolezza e riconoscimento internazionale tale per cui il tentativo può essere messo in campo. Il governo su questo deve insistere e farlo a tutti i livelli. La partita è troppo importante e non solo per la reputazione del premier. Va detto comunque che l’esecutivo ha chiarissima la consapevolezza che questo della Difesa è un capitolo importante e dirimente e, sempre a Newport ieri, Renzi ha fatto anche altre dichiarazioni, molto più che sensate. Ha detto con grande chiarezza che la diffidenza dei cittadini sulle spese militari va contrastata con il coinvolgimento dell’opinione pubblica. Informare, comunicare, non nascondersi. Giustamente il presidente del Consiglio, che è anche segretario del Pd e politico professionista, propone un cambio di strategia da quella sin qui prevalsa negli ambienti della difesa. Non aspettare quindi gli attacchi delle opposizioni antimilitariste ma giocare in contropiede raccontando agli italiani il perché e il per come degli investimenti che si decidono. E’ chiaro che nessuno ha la bacchetta magica e che comunicare i concetti di sicurezza nazionale e internazionale non è semplicissimo. La strada tracciata dal premier però è l’unica che può essere percorsa senza essere sommersi da una retorica arcobaleno impregnata sulla ipocrisia quando non sulla falsità. Avanti tutta, quindi. Ed avanti anche nella consapevolezza – affermata dal premier – della forte divaricazione degli interessi economici dei paesi europei rispetto alle proprie industrie. Bene ha fatto Renzi a dire che in questo contesto l’Italia da par suo guarda allo sviluppo di Finmeccanica, non senza rimpianti per le occasioni perse dall’Europa. Investire quindi in innovazione e ricerca per far crescere il comparto dell’aerospazio e qualificare la crescita del Paese è stata inevitabilmente la conclusione più naturale per Renzi. Sono riflessioni, queste, che non avranno sorpreso il Ministro Pinotti e che anzi confermano la road map da lei già fissata essendo al lavoro, con serietà e caparbietà, su quel Libro bianco della Difesa che vuole e deve essere la cornice istituzionale nella quale fissare gli impegni del Paese. Se all’inizio il governo pareva procedere non del tutto compatto su questa materia, ora gli indizi sono incoraggianti e convergenti. Dare un seguito agli impegni della Nato, vincolare l’Europa a scelte coerenti e sagge e superare in Italia certi tabù, potrebbe essere – per Renzi, per il governo, per il Paese – un risultato grandissimo. Non è impossibile. Una soluzione plausibile è stata trovata, ora bisogna avere la pazienza di incastrare ogni singola tessera nel mosaico.

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