Dopo più di due anni di inattività, si è riaperto ieri il Consiglio Nato-Russia. Dall’aprile del 2014, infatti, a causa dell’illegittima (secondo l’Alleanza Atlantica) annessione della Crimea da parte della Russia, il consiglio aveva interrotto la sua operatività.
L’incontro di ieri ha comunque avuto un valore più simbolico che contenutistico. Le posizioni tra Mosca e Bruxelles restano inconciliabili, in modo particolare proprio per la questione ucraina. Il Consiglio nacque nel maggio del 2002 a Pratica di Mare, ospitato dall’Italia in un clima di convinto superamento del conflitto bipolare, nell’intenzione di affrontare insieme le sfide sollevate da un sistema internazionale multipolare e molto più complesso. A Pratica di Mare, per la prima volta, l’organizzazione simbolo della propensione militare statunitense sull’intero globo si apriva a un dialogo costante con l’ex-potenza sovietica.
Due anni fa però, l’offensiva russa in Europa orientale ha dissolto lo spirito che nell’Alleanza Atlantica inneggiava a una politica cooperativa con Mosca. D’altra parte, la Russia ritiene di aver reagito a una concezione delle relazioni internazionali che considera inaccettabile, secondo cui gli Stati Uniti possono decidere quale regime sia legittimo e quale no, gestendo in maniera unipolare il sistema degli Stati. Proprio ad Airpress, l’ambasciatore russo Dmitri V. Suslov spiegava recentemente il punto di vista del Cremlino. Non si tratta di pretese territoriali o di semplici rapporti di forza, si tratta di due visioni completamente differenti del sistema delle relazioni internazionali, e ciò non è cambiato con l’incontro di ieri.
I temi discussi dai rappresentanti permanenti dei 29 stati membri del Consiglio Nato-Russia sono stati tre: crisi in Ucraina; trasparenza e riduzione del rischio delle rispettive attività militari; e Afghanistan. Sul primo punto non si è potuto fare altro che ribadire l’esigenza dell’implementazione degli accordi di Minsk. Lo stesso segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg ha ammesso che “la Nato e la Russia mantengono visioni molto diverse”. Se per Stoltenberg l’azione russa ha condotto allo stallo attuale, nella nota del ministero degli esteri russo si attribuisce alla “natura distruttiva del progetto Nato di un contenimento militare e politico del nostro Paese” la responsabilità del raffreddamento dei rapporti. Sul secondo punto sembra esserci maggiore possibilità di accordo. Evitare incidenti scomodi come l’abbattimento del SU-24 russo da parte della Turchia, è interesse di ambo le parti. In questo senso, i rappresentanti hanno concordato sul rispetto di quanto previsto in ambito Osce in merito alla notifica delle esercitazioni ed eventuali operazioni militari. Anche il terzo punto ha trovato punti di contatto: il supporto condiviso allo sviluppo alle Forze di sicurezza afgane per un’effettiva stabilizzazione del Paese.
Niente di nuovo dunque. Nessun colpo di scena. “Nato e Russia mantengono un profondo e persistente disaccordo, e l’incontro di oggi non lo ha cambiato”, ha riconosciuto Stoltenberg. “I Paesi dell’Alleanza restano convinti che non ci sarà un ritorno alla cooperazione pratica finché la Russia non tornerà a rispettare il diritto internazionale”, ha ribadito il segretario generale della Nato. Da Mosca invece si fa sapere che “i membri dell’Alleanza sono stati avvisati circa le negative conseguenze della sospensione unilaterale da parte della Nato della cooperazione pratica nella lotta al terrorismo e in Afghanistan”. Resta evidente la sfiducia reciproca; non traspare ottimismo né volontà di cedere le proprie posizioni.
Nulla di nuovo dunque sul piano sostanziale, ma il valore simbolico della riattivazione del dialogo non è da sottovalutare. La storia insegna che la fiducia reciproca si costruisce progressivamente, anche attraverso incontri che, pur non producendo nessuna decisione significativa, alimentano un confronto essenziale per smussare le incomprensioni e trasformarle in punti negoziabili.