Dall’atrio della Trump Tower di New York, nel corso della prima conferenza stampa dall’elezione, il neo presidente Donald Trump ha ribadito l’intenzione di abbassare i costi del programma F-35. A 67 giorni dal voto e a 9 giorni dall’insediamento, il magnate ha trattato tutti i temi più caldi della delicata transizione con la presidenza Obama. Non è potuto dunque mancare un riferimento al caccia di quinta generazione su cui, già prima dell’elezione, si era criticamente pronunciato.
Nei primi giorni di dicembre i piccati tweet presidenziali avevano colpito sia l’F-35 della Lockheed Martin che l’Air Force One prodotto da Boeing. Per entrambi il magnate riscontrava “costi fuori controllo”. Proprio i cinguettii, non privi di ripercussioni anche per i titoli in borsa dei due giganti della difesa statunitense, avevano portato i vertici dei due costruttori ad incontrare il presidente eletto a pochi giorni dal Natale. Il ceo di Boeing Dennis Muilenburg e quello di Lockheed Martin Marillyn Hewson si erano così recati presso il resort di Palm Beach, in Florida, per due diversi incontri con Trump. Da subito era sembrato chiaro che il tycoon si fosse inteso meglio con Muilenburg, il quale si era concesso sorridente ai giornalisti dopo l’incontro definendo lo stesso “molto produttivo”. Era apparso più cupo Hewson. E infatti, il giorno dopo Trump ha twittato ancora, facendo nuovamente tremare i sostenitori del programma del caccia. “Sulla base dell’enorme superamento dei costi dell’F-35 di Lockheed Martin, ho chiesto a Boeing il prezzo per un analogo F-18 Super Hornet!”, aveva tuonato il nuovo cinguettio.
Non è dunque un caso che nella conferenza stampa che ha preso il via con il plauso alle industrie che hanno scelto di potenziare la produzione nel territorio nazionale, non sia mancato il riferimento all’F-35. “Sono estremamente coinvolto con i generali e gli ammiragli sul velivolo F-35 di cui avete letto; ed esso è molto, molto in ritardo rispetto alla scadenza e molti miliardi di dollari al di sopra del budget. Non mi piace”, ha detto il neo presidente. “Stiamo realizzando alcune grandi cose sul programma F-35 e forse anche sul programma F-18; i generali e gli ammiragli sono fantastici, ho davvero imparato a conoscerli bene”, ha aggiunto. “Otterremo costi più bassi, un aereo migliori, e una migliore competizione: sarà una cosa bellissima”, ha affermato Trump chiudendo l’argomento e aprendo così un nuovo capitolo della diatriba sul velivolo. Ancora una volta però, l’impressione è che Trump ragioni, quale business man, per spingere il costruttore a una riduzione dei costi del programma, il maggiore nella storia del Pentagono ma anche quello sui cui gli Stati Uniti hanno puntato per il futuro del proprio potere aereo.
Non si è fatta attendere la risposta di Lockheed Martin, che già a dicembre aveva subito rassicurato il magante dopo i tweet. “Comprendiamo le preoccupazioni del presidente eletto Trump relative al programma F-35 e gli abbiamo espresso il nostro assoluto impegno nel ridurre i costi in maniera aggressiva”, si legge nella nota. “Siamo focalizzati sull’obiettivo di garantire ai contribuenti americani le migliori capacità possibili al miglior prezzo. Il prezzo di un F-35A è diminuito del 60% dal contratto per il primo lotto a quello recente per il nono lotto, e prevediamo che il prossimo contratto mostri un’ulteriore significativa riduzione del prezzo. Allo stesso tempo, stiamo portando avanti due iniziative focalizzate sulla riduzione dei costi, denominate Blueprint for Affordability e Sustainment Cost Reduction Initiative, che ridurranno il costo del programma di 5 miliardi di dollari entro il 2022”. Pacata ma chiara la risposta dunque, con una chiusura che auspica a migliori rapporti con il nuovo esecutivo: “Siamo lieti di continuare a lavorare a fianco del nostro governo e dei nostri leader militari per continuare a migliorare le performance e la sostenibilità del programma F-35.”