La conferma delle dimissioni è arrivata nella serata di ieri: Michael Flynn non è più il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Donald Trump. Le voci sulla possibile rinuncia si rincorrevano da giorni, legate alle polemiche relative alla conversazione intercorsa tra Flynn e l’ambasciatore russo a Washington prima dell’insediamento della nuova presidenza sulle sanzioni imposte a Mosca. A riportare per primo la notizia è stato il Washington Post, specificando che più del dialogo con il rappresentante russo, a montare la polemica era stata l’ipotesi che Flynn avesse omesso alcuni dettagli dello stesso, rendendosi ricattabile. Ciò aveva da giorni suscitato le critiche anche dall’interno del partito repubblicano, soprattutto da quell’ala che ancora fatica a mandare giù il progetto di riavvicinamento voluto da Trump e di cui Flynn si è sempre detto sostenitore.
Nella lettere di dimissioni, Flynn, generale in pensione ed ex direttore della Defense Intelligence Agency, l’agenzia di intelligence militare, ha ammesso di aver intrattenuto conversazioni con rappresentanti stranieri “per facilitare la transizione e iniziare a costruire le relazioni necessarie tra il presidente, i suoi consiglieri e leader stranieri”, “pratica standard” secondo Flynn. “Per via della veloce sequenza di eventi – ha aggiunto – ho inavvertitamente comunicato al vicepresidente eletto e altri informazioni incomplete sulla mia telefonata con l’ambasciatore russo”.
Già a gennaio, il segretario alla Giustizia ad interim Sally Yates aveva riportato al presidente la possibilità che Flynn potesse aver nascosto alcuni elementi del colloquio con l’ambasciatore russo guadagnandosi una certa ricattabilità che proprio non si addice al consigliere per la sicurezza nazionale del presidente degli Stati Uniti. Tali considerazioni erano state chiaramente rinvigorite dalle opinioni di alcuni membri dell’amministrazione uscente, soprattutto i direttori di National intelligence e Cia, James Clapper e John Brennan. Le molteplici critiche avevano portato Trump ad esporsi direttamente a conferma della fiducia a Flynn, ribadita anche dal vicepresidente eletto Mike Pence. Le pressioni esterne ed interne hanno evidentemente fatto venire meno tale fiducia. Nel frattempo, Trump ha nominato Joseph Keith Kellog consigliere per la national security ad interim, ma è già partito il toto nomi. Tra i favoriti ci sarebbero l’ex direttore della Cia e comandante del Central Commmand David Petraeus che già si era conteso la nomina con Flynn dopo le elezioni, e l’ammiraglio Robert Harward, anche lui già al comando del CentCom.