Verso Varsavia e oltre, la Nato si prepara

Di Stefano Pioppi

Si è tenuto ieri un seminario organizzato dalla Nato Defense College (NDC) Foundation in collaborazione con la Delegazione italiana presso l’Assemblea Parlamentare della Nato e la Divisione diplomazia pubblica della Nato, per discutere di come l’Alleanza dovrà ridefinire le proprie priorità e strategie.
Dal report al seminario
L’evento, dal titolo “Verso il vertice di Varsavia e oltre”, ha visto la partecipazione di numerosi esperti del mondo diplomatico, politico e accademico. Tra di essi, sono intervenuti l’ammiraglio, già ministro della difesa, Giampaolo Di Paola, il capo capacità di analisi strategiche della Nato ESC Stefanie Babst, l’ambasciatore di Polonia a Roma Tomasz Orlowski, il capo delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare Nato, l’onorevole Andrea Manciulli, e il presidente della NDC Foundation Alessandro Minuto-Rizzo. Al centro del dibattito, le raccomandazioni presentate nel report “NATO in a World of Disorder: Making the Alliance Ready for Warsaw”, a cura del German Marshall Fund of the United States, rappresentato dal direttore esecutivo Ian O. Lesser. La sala Aldo Moro di Palazzo Montecitorio ha fornito la giusta cornice a un dibattito che ha toccato tutti i punti aperti in vista del Summit di Varsavia.
Priorità divergenti
Il professor Stefano Silvestri, vice presidente della NDC Foundation, ha introdotto i lavori sottolineando il rischio che l’Alleanza perda “concentrazione, focus e coerenza”, qualora non riesca a rispondere a “priorità divergenti”. Gli hanno fatto eco le parole di Brooke Smith-Windsor del NDC, presidente del primo panel, il quale ha notato come dopo la crisi Ucraina sia ritornata una “narrativa dei confini nazionali, un linguaggio di divisione” che pone la Nato nell’esigenza di trovare “la strategica consapevolezza di una gestione integrata delle minacce”, ha detto Smith-Windsor. Sulla stessa linea si è posta Stefanie Babst, per la quale la priorità di Varsavia deve essere l’individuazione di un “delicato equilibrio tra una risposta credibile ed efficacie, politica e militare, alla Russia e l’individuazione di un modo per dialogare con essa”. C’è, secondo la Babst, una volontà trasversale a tutti i 28 membri Nato di trovare tale bilanciamento.
Tra est e sud
Particolarmente accesso il dibattito relativo a ciò che, apparentemente, si presenta come una scelta di attribuzione di prevalenza al fianco sud o al fianco est. Tanto la Babst quanto Smith-Windsor hanno infatti sottolineato l’esigenza di trovare una giusta proiezione verso molteplici e simultanee minacce. Certamente più diretto è stato l’ammiraglio Di Paola, per cui, nonostante le dichiarazioni e i proclami in favore di un approccio comprensivo, per la Nato la priorità è ancora solo una: il contrasto alla Russia. “C’è ancora una mentalità diffusa secondo cui la Russia è una minaccia persistente, significativa ed esistenziale, la sola minaccia con la m maiuscola”, ha detto l’ammiraglio. Secondo Di Paola, occorre “abbandonare il passato per evitare di perdere la realtà”. E per farlo bisogna “andare oltre la percezione di una singola minaccia, sviluppare un approccio comprensivo che permetta di acquisire l’idea di un single security space”. L’ambasciatore Orlowski ha presentato una prospettiva leggermente differente, mostrando tutte le preoccupazioni nei confronti della “prima violazione dell’integrità territoriale di un Paese europeo dalla fine della Seconda guerra mondiale”. Le priorità, secondo l’ambasciatore polacco, sono due: preservare l’unità dell’Alleanza sulla sostanza che si vuole difendere, e “condividere l’eguale sicurezza di tutti i membri”.
Oltre Varsavia
Per l’onorevole Manciulli, “il dibattito deve essere più largo e continuo”, la scelta tra est e sud rappresenta di per sé “un approccio spagliato”, ha detto il capo della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare Nato. La priorità per Manciulli è ridurre la distanza che si è creata tra “il grande mutamento della sostanza strategica e geopolitica e il dibattito pubblico”. In altra parole, di fronte a una vera e propria “rivoluzione strategica e geopolitica”, l’opinione pubblica così come i dibattiti parlamentari non sembrano comprendere la rilevanza di un simile mutamento che, lo dimostra il terrorismo, ha la capacità di incidere notevolmente sulla vita quotidiana. Secondo Vincenzo Camporini, vice presidente Iai, già capo di stato maggiore della difesa, e presidente del secondo panel, le priorità di Varsavia sono due, una interna e una esterne. All’esterno occorre definire il nuovo “concetto di deterrenza, che sta cambiando molto dal punto di vista psicologico”; all’interno, bisogna “rivedere la struttura di comando poiché le cose possono andare molto meglio”. Bisogna puntare invece sulla dimensione politica per Minuto-Rizzo. “L’Italia – ha detto il presidente della NDC Foundation – dovrebbe far sentire di più la sua voce”, affinché si assuma collettivamente l’idea che “in un mondo così frammentato la strada del futuro è quella della cooperative security”. In altri termini, occorre “ridare alla Nato una dimensione politica”, ha detto Minuto-Rizzo.
Una nuova guerra fredda?
Incalzati dalle domande del pubblico, alcuni panelist sono intervenuti circa il possibile ritorno alla Guerra fredda. Secondo Stefanie Babst, “in nessuno dei 28 Paesi membri c’è l’intenzione di un ritorno alla guerra fredda”, ma c’è piuttosto la volontà di costruire un dialogo con la Russia che “tuttavia non ha mostrato alcuna apertura”. Per l’ambasciatore polacco, la differenza con la Guerra fredda consiste nel fatto che ora “la guerra in Europa è davvero possibile”. Con i due blocchi, infatti, non è mai accaduta “un’illegale annessione di una parte di un Paese europeo, nel rispetto del trattato di Helsinki”. Per Di Paola, invece, sebbene le condizioni siano completamente differenti, “il mindset è lo stesso della Guerra fredda, contraddistinto dalla profonda sfiducia che la Russia ha della Nato e che la Nato ha della Russia”.
Probabilmente tutti questi punti riemergeranno tra poco più di un mese a Varsavia, quando oltre agli aspetti tecnici e operativi (comunque essenziali per un’Alleanza che vuole fornire sicurezza e difesa), occorrerà definire la proiezione strategica e politica della Nato, tenendo conto di 28 sensibilità e di un contesto internazionale in profondo mutamento.