Via libera dalla Nato ai raid turchi contro Isis e Pkk

Di Francesco Pesce

La Turchia è in guerra contro il terrorismo. Questa mattina un poliziotto turco e un civile sono stati freddati a Cinar, nell’Anatolia a maggioranza curda, mentre nel pomeriggio tre soldati turchi sono caduti in un agguato attribuito ai ribelli curdi. La scorsa settimana invece, l’Isis aveva compiuto un attentato uccidendo dei ragazzi curdi a Suruc e aveva attaccato le forze dell’ordine turche al confine con la Siria.
Le violenze nella regione hanno subito un’escalation da quando sono cominciati i raid di Ankara in risposta ai ripetuti attacchi sferrati dall’Isis e dal Pkk, l’organizzazione indipendentista dei militanti curdi.
Il presidente turco Erdogan ha agito solo dopo aver incassato il sostegno della Nato. Infatti la Turchia martedì aveva richiesto una riunione straordinaria del Consiglio atlantico invocando una minaccia alla sua sicurezza nazionale, in base all’art. 4 del trattato di Washington – dal 1949 a oggi, l’Alleanza si era riunita solo altre 5 volte con questa modalità.
La discussione a Bruxelles ha affrontato l’instabilità alle frontiere dei territori Nato. Gli Alleati hanno espresso “forte solidarietà” alla Turchia per gli attacchi subiti dall’Isis e dal Pkk, nonché il pieno appoggio allo svolgimento di raid aerei in Siria e in Iraq. I 28 Alleati hanno anche riconosciuto che il terrorismo pone “una minaccia diretta alla sicurezza dei membri Nato e alla stabilità internazionale” e “non può essere tollerato o giustificato in qualsiasi forma e manifestazione”.
Nonostante l’appello per raggiungere un processo di pace con i curdi lanciato nel corso della riunione da diverse delegazioni nazionali, Erdogan ha ribadito “l’impossibilità di continuare il processo di pace con chi minaccia unità e fratellanza nazionale”.
Già prima della riunione Nato di martedì, Ankara aveva ripreso, dopo quattro anni, i bombardamenti sulle sedi del Pkk nel nord dell’Iraq, colpendo magazzini, snodi logistici, alloggi e depositi dell’organizzazione. Inoltre, la Turchia ha attaccato per la prima volta obiettivi dello Stato islamico in Siria. Il primo ministro della Siria Ahmet Davutoğlu ha reso noto che gli aerei F16 turchi non hanno violato lo spazio aereo siriano, nonostante il governo di Bashar al-Asad non sia stato informato di queste operazioni.
E’ chiaro che politica estera della Turchia nel quadro mediorientale si è trasformata radicalmente. Selahattin Demirtas, leader del partito pro-curdo Hdp e maggiore opposizione interna a Erdogan, ha parlato di una “stagnazione” del processo di pace tra turchi e curdi. A suo parere, l’obiettivo di Erdogan non sarebbe quello di combattere l’Isis bensì impedire che dalle turbolenze sorga uno Stato nazionale curdo.
D’altro lato, la nuova politica di Erdogan ha già avuto un impatto significativo nelle relazioni tra Turchia e Stati Uniti. Ankara ha concesso a Washington l’utilizzo di quattro basi militari, nonché dello spazio aereo nazionale, per effettuare raid contro l’Isis, mentre il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Usa Alistair Baskey ha apertamente condannato le azioni terroristiche del Pkk e legittimato i bombardamenti turchi nel Kurdistan iracheno.