Francois Hollande ha annunciato di aver dato istruzioni al ministero della Difesa francese perché inizi oggi a svolgere voli di ricognizione sul territorio siriano, senza escludere la possibilità di effettuare raid contro gli avamposti dello Stato Islamico.
In ogni caso, Hollande ha ribadito in conferenza stampa che la Francia non invierà truppe di terra, dal momento che nessun altro Paese procede in questo senso e che i contingenti rischierebbero nel lungo periodo di “trasformarsi in forze di occupazione”. “La transizione è un punto essenziale – ha sottolineato il Presidente francese – Non bisogna fare nulla che consolidi o prolunghi il regime di Bashar al-Assad”.
Finora le forze armate di Parigi hanno effettuato bombardamenti contro l’Isis solo nell’area irachena. “Ma abbiamo prove della pianificazione di attacchi dalla Siria contro molte nazioni, in particolare la Francia” ha avvisato Hollande.
Intanto nell’altro emisfero il Comitato nazionale di sicurezza del governo dell’Australia ha accettato oggi l’invito degli Stati Uniti a effettuare raid contro postazioni dell’Isis in Siria. Il premier conservatore Tony Abbott ha giustificato l’intervento in territorio siriano come destinato ad abbattere il terrorismo che potrebbe colpire l’Australia. Secondo le sue dichiarazioni, bombardare l’Isis è “un obbligo morale” ed è un’azione inquadrabile nella legittima difesa dell’Iraq effettuata collettivamente dalla comunità internazionale.
Anche il Regno Unito considera un’azione militare: già il mese prossimo il Parlamento di Londra potrebbe valutare l’autorizzazione al bombardamento delle basi dello Stato Islamico. Nel 2013 una mozione analoga era stata proposta dal premier David Cameron ma respinta dall’organo legislativo.
Di fronte a questi sviluppi, Matteo Renzi ha dichiarato che “in Siria c’è un presidente, Assad, che controlla una parte del territorio. L’Italia non partecipa a iniziative che Francia e Inghilterra hanno annunciato di studiare”.
Nella guerra che scuote il Medio Oriente, gli Stati agiscono in maniera unilaterale data l’impossibilità di raggiungere un accordo in seno alle Nazioni Unite. In un’intervista al Guardian, il Segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon ha specificato che il Consiglio di sicurezza non è stato in grado di deliberare in merito al conflitto in Siria perché paralizzato dalle divisioni interne fra i cinque membri permanenti.
Se infatti l’Occidente desidera rimuovere il regime di Bashar al-Assad, la Russia si è rivelata finora un alleato vitale del presidente siriano. Solo ieri un esponente dell’amministrazione greca ha riferito che Washington ha chiesto ad Atene di negare lo spazio aereo greco a veicoli russi che effettuano rifornimenti in Siria. Pare che il governo di Washington sia profondamente preoccupato per la crescente presenza russa in Siria. D’altro canto, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha confermato l’invio da parte di Mosca di equipaggiamento militare al regime di Assad, che ancora controlla la parte ovest della Siria, sottolineando anche come queste operazioni siano sempre state svolte in maniera trasparente.