Al MAXXI ricerca e arte parlano una sola lingua, quella dell’universo

Di Michela Della Maggesa

Ci sarà il modello di volo dell’antenna Cassini ad accogliere i visitatori della mostra “Gravity. Immaginare l’Universo dopo Einstein”, presentata oggi al MAXXI, dove scienza ricerca e scientifica ed arte si incontrano a 100 anni dalla formulazione della teoria della relatività di Albert Einstein, che ha trasformato radicalmente la cosmologia. Assieme alla sonda, che ha viaggiato nello spazio per vent’anni, prima di distruggersi nell’atmosfera di Saturno dopo 22 “tuffi” spettacolari nei suoi anelli, Aeroke, l’installazione di Tomás Saraceno, composta da due palloni aerostatici specchianti che captano i suoni impercettibili dispersi nell’atmosfera.

La mostra, a cura di Luigia Lonardelli (MAXXI), Vincenzo Napolano (Infn) e Andrea Zanini (Asi) con la consulenza scientifica di Giovanni Amelino-Camelia, sarà al MAXXI fino al 29 aprile 2018. Il progetto, fortemente voluto da Giovanna Melandri, presidente Fondazione MAXXI,  è il risultato di una inedita collaborazione del museo con l’Agenzia spaziale italiana e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, con il sostegno del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca.

“Abbiamo messo assieme tre eccellenze italiane – ha detto Giovanna Melandri – per dare vita ad un prototipo che si spera si possa replicare in futuro”. “In questa mostra arte e scienza non sono separate – ha aggiunto -, sono semplicemente campi diversi del sapere, un statement dell’umanesimo”.

In Gravity installazioni scientifiche, reperti storici e simulazioni di esperimenti, come il Cannocchiale di Galileo e lo Specchio di Virgo (l’interferometro laser che capta le onde gravitazionali), dialogano con opere di artisti moderni e contemporanei: da Marcel Duchamp ad Allora & Calzadilla, Peter Fischl, David Weiss, Laurent Grasso e Tomás Saraceno, in un percorso immersivo che dà la possibilità al pubblico di avvicinarsi alle innovazioni della fisica moderna. In alcune delle installazioni, suoni, vibrazioni e segnali visivi interagiscono tra loro e con i movimenti dei visitatori, inglobando l’intero percorso espositivo che esplora tre concetti chiave strettamente connessi tra loro: Spaziotempo, Confini, Crisi.

In mostra anche reperti storici come una Sfera Armillare del XVII secolo che serviva a studiare le traiettorie dei pianeti o l’edizione del 1632 del Dialogo sopra i due massimi sistemi di Galileo, e strumenti scientifici come il satellite Lisa Pathfinder, di cui è proposto un modello, e la Barra di Nautilus, entrambi utilizzati nella ricerca sulle onde gravitazionali. Lungo il percorso artistico, anche il modello del rivelatore AMS (Alpha Magnetic Spectrometer), attualmente in attività a bordo della Stazione Spaziale Internazionale alla ricerca, nei raggi cosmici, di particelle di antimateria primordiale e di possibili tracce di materia oscura.

Sul finire del 1915 la visione dell’universo viene clamorosamente scardinata dalla teoria della relatività generale di Einstein. Da allora, i concetti di spazio e tempo non sono più assoluti ma relativi e dipendenti da chi li osserva. Prende forma lo spaziotempo, dove l’universo non è costituito da tre, bensì da quattro dimensioni: tre spaziali e una temporale, inscindibili. Solo la velocità della luce è grandezza assoluta e limite insuperabile. In questo universo si propagano le onde gravitazionali, “vibrazioni” prodotte dalle masse in movimento che deformano lo spaziotempo. La scoperta delle onde gravitazionali, a un secolo dalla previsione di Einstein, è stata premiata lo scorso ottobre con il Nobel per la Fisica 2017. Quello della Relatività è un contesto teorico rivoluzionario con cui l’uomo necessariamente si confronta. Si sono così aperti immaginari culturali e artistici inediti, attraverso i quali Gravity accompagna il suo pubblico.

“Questa mostra in cui scienza ed arte dialogano finalmente tra di loro è pazzesca”. Ha detto il presidente dell’Asi, Roberto Battiston. “Quando in Italia mettiamo assieme qualità e competenze – ha aggiunto -, vengono fuori cose meravigliose”. “Gravity – ha detto Fernando Ferroni, presidente INFN – rappresenta l’armonizzazione del passato e lascia presagire cosa andremo a fare in futuro. Inoltre illustra il frutto di 100 anni di storia scientifica e di 2 miliardi di investimenti (associati a  pezzi di tecnologia) di cui tutti continueremo a beneficiare ancora per molto tempo”. “Investire nella ricerca porta ricadute. Il ruolo della ricerca va raccontato dagli scienziati, ma anche da altri soggetti – sottolinea infine Marcella Gargano del MIUR –. Questa mostra rappresenta un modello esportabile, sul quale continuare ad investire”.

Main partner della mostra è Enel, primo socio privato della Fondazione MAXXI, che ha scelto di sostenere questa mostra per il suo alto valore culturale e di ricerca, offrendo l’ingresso gratuito a un ricco programma di incontri con scienziati, filosofi, artisti, mentre Leonardo sostiene le attività educative legate all’esposizione. La mostra è infatti accompagnata da un programma di eventi di approfondimento, intitolato “Gravity. Oltre la mostra”, a cura di Vittorio Bo e Irene De Vico Fallani.