La space economy secondo l’industria nazionale

Di Stefano Pioppi

Consolidare la partnership con il settore pubblico, coordinare l’azione di quello privato e contribuire così allo sviluppo scientifico ed economico dell’intero Paese. È questa la tabella di marcia della space economy italiana secondo l’industria nazionale, riunitasi oggi a Roma per festeggiare i 50 anni dal lancio del primo satellite italiano. Era il 26 aprile del 1967, quando dalla piattaforma oceanica a largo di Malindi, in Kenya, partì il San Marco 2, l’inizio di una storia che permette ancora oggi all’Italia di essere annoverata tra le maggiori potenze spaziali al mondo. L’evento, organizzato dal Centro ricerca aerospaziale Sapienza (Cras) del professor Marcello Onofri, è stato così occasione non solo per ricordare un passato di cui andare orgogliosi, ma anche per riflettere sulle sfide di un futuro che cambia ed evolve con estrema rapidità, tra le ambizione dei Paesi emergenti (Cina e India in testa) e le aspirazioni dei colossi privati come SpaceX e Virgin Galactic.

Dal San Marco 2 ad oggi
“Con 50 anni di storia gloriosa alle spalle l’obiettivo dev’essere assicurare per i prossimi 50 anni un percorso altrettanto glorioso”, ha detto l’ad di Thales Alenia Space Italia Donato Amoroso ricordando l’impresa dei pionieri del San Marco 2. Certo, il contesto attuale appare particolarmente “difficile, soprattutto per come si stanno comportando le dinamiche del mercato”, ha aggiunto il numero uno della joint venture tra Thales (67%) e Leonardo (33%). Di fronte a “una concorrenza spietata”, occorre “offrire sul mercato cose che altri non hanno”, e dunque “scommettere su prodotti e tecnologie del futuro”. Una scommessa che Thales Alenia Space Italia ha effettuato raddoppiando il volume dei propri investimenti dai 50 milioni di euro del 2011 ai 100 attuali. Eppure lo sforzo non può restare isolato. Ora, “siamo al punto di svolta: è il momento di mantenere viva la scintilla (ndr, quella che ha accesso la Cabina di regia di Palazzo Chigi), di non disperdersi, di essere programmatici e andare dritti sull’obiettivo”. È d’accordo l’ad di Vitrociset Paolo Solferino, per cui è necessario “rafforzare la capacità di competere nel mondo internazionale”, partendo “dall’efficientamento delle capacità di lancio” che potrebbe anche prevedere un rilancio proprio della base di Malindi da cui 50 anni fa ebbe inizio l’avventura spaziale nazionale.

Le sfide per l’industria
Per Luigi Pasquali, ad di Telespazio (Leonardo 67% e Thales 33%), l’Italia può vantare “una posizione privilegiata: avere l’intera filiera per governare, programmare, sviluppare, realizzare e lanciare sistemi spaziali”. Una “filiera ricchissima da cui nasce il concetto di space economy”. L’obiettivo finale, secondo Pasquali, “è attivare un economia, fare attenzione alle esigenze di mercato e ai giusti ritorni di investimento”. In questo, “l’industria privata è chiamata a scendere in campo per trovare l’equazione di ritorno”. Ne è convinto anche Nicola Zaccheo, ad di Sitael, azienda specializzata in piccoli satelliti. “Space economy significa innovazione tecnologica, sistemi che offrono più servizi e applicazioni; significa nuove forme di partnership pubblico-privata con importanti investimenti da parte dei privati; ma significa anche nuove partnership industriali su cui collaborare insieme per affrontare le sfide che il mercato quotidianamente offre”.

La prima sfida, secondo Giulio Ranzo, ad di Avio, l’azienda di Colleferro che realizza il razzo Vega, è “rendere il settore economicamente accessibile a una popolazione molto ma molto più grande, con un numero di clienti finali che è straordinariamente aumentato”. Tale crescita, spiega Ranzo, si traduce nella “richiesta di accesso allo spazio a costi più bassi, per cui servono tecnologie molto competitive per poter incontrare l’offerta”. Tra queste tecnologie c’è appunto il vettore Vega, eccellenza italiana a disposizione dell’Europa. “Il Vega C sarà disponibile in meno di 24 mesi da oggi, mentre il Vega E lo sarà dal 2024”, ha annunciato Ranzo che ha parlato anche del recente debutto in Borsa dell’azienda, la prima al mondo tra i produttori di lanciatori ad affacciarsi sul mercato dei capitali. “È ancora molto presto per dirlo, ma abbiamo visto molto interesse verso questo comparto”.

Il momento favorevole
Secondo l’ad di OHB Italia Roberto Aceti, occorre sfruttare “una congiuntura favorevole, data dalla chiarezza strategica e dalla volontà politica del governo di sostenere questo settore”. Ora, “dopo che il framework politico e programmatico è stato dato, tocca a noi”. Per Aceti, il ruolo dell’industria è “contribuire al progresso scientifico del Paese, al sui posizionamento strategico e al suo sviluppo economico generale; perché la space economy non può che avere questa finalità”.

La Cabina di Regia
Se è vero che c’è un momento favorevole, “l’abbiamo creato noi”, ha rivendicato Paolo Puri (in foto), attuale autorità delegata per il PRS di Galileo e già consigliere militare del presidente del Consiglio, primo promotore della Cabina di regia dedicata allo spazio. “Abbiamo creduto nella messa a sistema delle eccellenze accademiche, industriali e della pubblica amministrazione”. Con la Brexit si è però aperta “una fase geopolitica molto particolare”, ha spiegato il colonnello Puri. L’esigenza prioritaria è “salvaguardare l’Unione, a partire dal programma Galileo, la più grande infrastruttura europea su cui lo Stato italiano ha investito 1 miliardo di euro. Occorre, a braccetto con l’industria, prendere le posizioni chiave che la Gran Bretagna dovrà necessariamente abbandonare”, e per questo lo stesso Puri ha annunciato l’apertura di un tavolo tecnico. A livello nazionale, il primo passo resta l’approvazione del disegno di legge 1544 presentato nell’estate 2014 dal senatore Salvatore Tomaselli per trasformare la Cabina di regia in un Comitato interministeriale a tutti gli effetti. “Ha ricevuto una condivisione trasversale ma da due anni non riesce ad andare avanti”, ha rimarcato il colonnello Puri.

Il Piano stralcio
Intanto però si avvicina alla sua attuazione il Piano Stralcio Space Economy, frutto del lavoro della Cabina di Regia e vicino al lancio dei bandi. I 349 milioni di euro stanziati dal Cipe sul fondo sviluppo e coesione, “potranno arrivare fino a un miliardo su sei linee di intervento, cioè sui grandi programmi nazionali che rispecchiano gli obiettivi della Space strategy for Europe”, ha detto il presidente dell’Asi Roberto Battiston. Il piano ricorre “al partenariato per l’innovazione, uno strumento amministrativo nuovo che garantisce contenuti e requisiti chiari”, ha invece spiegato per il Mise Antonio Bartoloni. “L’obiettivo – ha aggiunto – è la firma dei contratti di finanziamento entro la fine dell’anno”.